IL BLOG DI SERGIO VIVI



giovedì 22 dicembre 2005

Buone feste


mercoledì 7 dicembre 2005

Il programma dell'Unione



Titola questa mattina l'Unità a pag.6:

Unione, sul programma accordo quasi su tutto

Chissà se, sventato il pericolo di una quasi vittoria,

si riuscirà a fare un quasi governo

che regga per quasi una legislatura.

Oppure se ci si dovrà accontentare

di un quasi amministratore di condominio,

o di un quasi amministratore delegato

... che regga molte bianche ali sospese.


domenica 4 dicembre 2005

L'assessore alla pace

Fino a qualche tempo fa, quando avveniva qualche evento capace di mettere in pericolo la pace, nei Consigli comunali si presentavano alcuni ordini del giorno: quelli della maggioranza erano approvati, quelli dell’opposizione respinti. I tempi cambiano.

Sulla cronaca locale del Resto del Carlino-QN di venerdì 2, nel corso della presentazione della nuova Casa della Pace, aperta tramite una simbolica catena umana, e che sarà gestita dall’associazione “Percorsi di pace”, si apprende dell’esistenza nel comune di Casalecchio di Reno dell’assessore alla pace.

Che cosa può fare o pensare un assessore alla pace oltre a svolgere il suo lavoro privato?

Non smette mai di credere che la pace arriverà, perché, se si smette di credere, la pace si allontanerà definitivamente?

Va a Messa tutte le domeniche e scambia il rituale segno di pace con i vicini?

Va in giro per la città a contare le bandiere della pace esposte ai balconi?

Voglio credere che faccia anche cose più concrete ed utili per la comunità.

In fin dei conti non deve costare molto. Pensiamo, però, se tutti i comuni italiani avessero un assessore alla pace: più d’ottantamila gettoni di presenza per ogni seduta dei Consigli.

Oggi è domenica, pace e bene a tutti!


venerdì 2 dicembre 2005

Evasione fiscale

Da Panorama N.46/47, pag.23, del 24 novembre 2005, apprendiamo che nel 2004 l’Erario di fronte a circa 20 miliardi di evasione fiscale accertata e messa a ruolo ha incassato 923 milioni di euro.
Nei primi otto mesi di quest’anno rispetto a quasi 21 miliardi ha incassato 707 milioni.
Per cercare di migliorare le cose lo Stato parte dalla modifica radicale del sistema di riscossione. Dal 1° ottobre 2006 le attuali 43 esattorie private addette all’incasso saranno sostituite da un’unica società pubblica, la Riscossione spa, che avrà come amministratore delegato «uno dei maggiori esperti di politiche fiscali» e che potrà avvalersi «della capacità di intelligence della Guardia di finanza» e della «possibilità di accedere con relativa facilità ai dati personali del debitore iscritto a ruolo».
Si prevede che, con questa riforma, saranno recuperati circa 1.200 milioni nel 2006 (900 circa del 2005 +300), 1.350 milioni nel 2007 (900+450), 1.680 milioni nel 2008 e 2009 (900+780).

Come abbiamo visto in un precedente post le entrate tributarie nei primi otto mesi del 2005 sono ammontate a più di 220.000 milioni di euro.

Dai dati dei primi otto mesi del 2005 si desume che il valore dell’evasione accertata in un anno è dell’ordine di circa il 9,55 % delle entrate tributarie.
(21.000 : X = 220.000 : 100 per cui X = 21.000 x 100 / 220.000 = 9,5454)

Assumiamo come ordine di grandezza delle entrate un valore di 250.000 milioni di euro sia per il 2005 sia per i prossimi anni (l’Italia è in declino, parola di Economist!).

Facciamo qualche conto per valutare l’efficacia del nuovo sistema:

220.000 : 100 = 707 : X
X = 100 x 707 / 220.000 = 0,32 %
è la percentuale di evasione –rispetto al totale delle entrate tributarie- recuperata nei primi otto mesi di quest’anno.

250000 : 100 = 1680 : X
X = 100 x 1680 / 250000 = 0,67 %
sarebbe la percentuale di evasione recuperata col nuovo sistema nel 2008 e 2009.

Se per caso nel 2008 l’economia migliorasse e le entrate superassero i 250.000 milioni di euro, e/o se la stima dei 1.680 milioni risultasse ottimistica, come spesso accade, il risultato potrebbe essere anche peggiore.

In valore assoluto la somma recuperata raddoppia ma, in percentuale delle entrate tributarie, il risultato rimane pervicacemente al di sotto dell’1% rispetto all’obiettivo che si dovrebbe raggiungere dell’9,55 %. C’è pertanto qualcosa che non quadra e che fa dubitare che l’ammontare accertato dell’evasione sia in qualche modo gonfiato. Senza conoscere i dati ufficiali sulle ragioni di questo divario, si ha l’impressione che il Fisco si comporti nei confronti dei contribuenti come lo sceriffo di Nottingham, salvo poi fare marcia indietro davanti a difficoltà legalmente insormontabili.

Queste considerazioni servono a sfatare il luogo comune retoricamente proclamato in occasione di ogni tornata elettorale, e cioè che «l’evasione fiscale» sia uno dei mali maggiori che affliggono la società italiana. In realtà l’evasione fiscale effettivamente recuperata vale in soldoni almeno quanto il costo della politica (rimborsi elettorali ai partiti ecc.), i privilegi e i lussi dei politici, i costi di certe Istituzioni ridondanti (le Province), il welfare opaco che riguarda «quella corte di miracoli fatta di “dipendenti e consulenti” che vive attorno alla politica.
Gli elettori, pertanto, dovrebbero diffidare dei partiti o delle coalizioni che enfatizzino nel loro programma elettorale la “lotta all’evasione fiscale”, se contestualmente –con la stessa enfasi- non s’impegnano contro i suddetti fenomeni.


giovedì 1 dicembre 2005

Candidati a pagamento


“ Per me ha ragione Berlusconi, chi vuole essere candidato paghi”.

Lo ha detto ieri a La Repubblica (30 novembre 2005 – pag.26) Ugo Sposetti, tesoriere dei Ds.
«Con le liste bloccate della nuova legge elettorale, in pratica i candidati non devono fare campagna elettorale, se vogliono non spendono nulla. Dovrebbero essere loro a dare un contributo».
In effetti, è vero. Che cosa deve interessare agli elettori cosa pensano o che disegni di legge hanno in mente di presentare i futuri “peones”? Pensano a tutto e decidono tutto il Partito o la Coalizione o più precisamente i Vertici, quasi sempre dopo furiose litigate e deludenti compromessi.

Al giorno d’oggi l’elettore può scegliere solo il Partito con buona pace del principio di rappresentanza.

Oggi, sempre su la Repubblica, il senatore Cesare Salvi si dichiara in disaccordo col suo tesoriere. Sarebbe come tornare alla Francia del ‘700, dice, quando gli incarichi statali andavano all’asta. E chi è meno abbiente che fa?

«Chi vuole essere candidato paghi» l’ho detto anch’io.

La prima volta il 15 maggio 2000 facendo elucubrazioni su possibili riforme costituzionali. Più recentemente il 24 settembre 2005 in un mio post.

Il mio scopo, però, è quello di avviare l’attuale democrazia rappresentativa verso una forma più diretta di democrazia. Tutti i cittadini dovrebbero essere liberi di candidarsi o chiedendo di essere inseriti nella lista di un partito già esistente o fondandone uno proprio.

Nel post scrivevo: «I partiti per essere ammessi alle elezioni non devono raccogliere firme, ma ciascun candidato deve versare a fondo perduto una tassa pari ad un dodicesimo del reddito lordo dell’anno precedente alla data delle elezioni con un massimo da prefissare. Chi non ha avuto reddito deve versare un minimo da prefissare».
La tassa va ovviamente allo Stato per i costi organizzativi delle elezioni.

Non propongo quindi un contributo fisso di 60.000 euro come Berlusconi e Sposetti.
Invece chi più guadagna più paga.

Va da sé che le liste dei partiti non dovrebbero essere a numero chiuso, ma dovrebbero accogliere tutti quelli che desiderano essere inseriti. E che le liste non dovrebbero essere bloccate, ma dovrebbe essere ripristinato il voto di preferenza. Le donne avrebbero la pari opportunità, essendo automaticamente risolto il problema delle quote rosa.


mercoledì 23 novembre 2005

Parlamento pulito

Beppe Grillo ha acquistato ieri, finanziato da migliaia di lettori del suo blog, un’intera pagina dell’International Herald Tribune per denunciare la presenza nel Parlamento italiano di 23 membri «condannati per crimini di vario genere», chiedendo loro di autosospendersi.
Intervistati, alcuni di questi hanno risposto di non essere mai stati privati per legge dell’elettorato passivo. Grillo, poi, non ha distinto tra reato e reato.
Ad esempio, Vincenzo Visco (uno dei 23) fu condannato a 10 giorni di arresto e 20 milioni di ammenda per abusivismo edilizio.

Ci sono ragioni più serie, a mio parere, per non ricandidarlo.
Visco, Ministro delle Finanze dal 17 maggio 96 al 19 aprile 2000, ha vantato la notevole semplificazione del fisco conseguita negli anni della sua gestione.
Peccato che, in quattro anni, il numero delle istruzioni per la compilazionedel Modello 730 sia passato da 19 a 33, le voci dell'appendice da 26 a 38, le tabelle dell'appendice da zero a 7, mentre le pagine del fascicolo che le contiene siano passate da 16 nel 1996 a 56 nel 2000.
56 PAGINE DI ISTRUZIONI PER COMPILARE UN MODULO DI 2 PAGINE!

Come estensore in proprio del 730, non voterei mai per un ministro che mi ha complicato la vita.


giovedì 17 novembre 2005

Riforma della Costituzione

Dopo quasi 57 anni, mercoledì 16 novembre 2005, il Parlamento italiano approva in via definitiva la riforma della Costituzione della Repubblica, deliberata dall’Assemblea Costituente nella seduta del 22 dicembre 1947, promulgata dal Capo provvisorio dello Stato Enrico De Nicola il 27 dicembre 1947 ed entrata in vigore il 1° gennaio 1948.

La famiglia Bossi marcia su Roma. La sera della vigilia, per festeggiare, Giulio Tremonti cucina spaghetti con salsa di pomodoro e panna: un pasticcio immangiabile dice Calderoli. I Verdi vestono a lutto. Fisichella vota no e abbandona Alleanza Nazionale. L’opposizione parla di Paese spezzato. Scalfaro scende in campo. Il referendum boccerà questa riforma. (la Repubblica - 17 novembre 2005)

Premesso che anche la riforma dell’articolo QUINTO votata dal centroSinistra ha presentato i suoi inconvenienti (troppi conflitti Stato-Regioni), la riforma del centroDestra, anche se incompleta (manca ad esempio il federalismo fiscale) presenta qualche punto positivo.
Finalmente il numero dei deputati scende da 630 a 518, quello dei senatori da 315 a 262.
Scompare il bicameralismo perfetto: Camera e Senato avranno compiti diversi. La deliberazione delle leggi ne risulterà accelerata.
Il capo dell’esecutivo avrà finalmente più poteri. Potrà anche sciogliere le camere ma, subito dopo, anche lui dovrà sottoporsi al giudizio degli elettori.

La riforma potrà avere tutti i difetti del mondo, ma ha il grandissimo merito di avere messo in moto il federalismo. Se il referendum la boccerà per almeno 20 anni non si parlerà più di riforme costituzionali. Soltanto se verrà confermata, sarà possibile correggerla e perfezionarla. L’opposizione, che si aspetta di diventare maggioranza, tenga presente che è anche suo interesse mantenerla in vita, ma soprattutto è interesse del Paese.


lunedì 14 novembre 2005

Votare col portafoglio

Bilanci, tasse, welfare, classe politica, programmi elettorali,
... ricchi premi e cotillons

Leggendo sui giornali i risultati dei bilanci aziendali semestrali e/o a nove mesi del 2005, non si può che rimanere stupefatti. Utili netti nella maggior parte dei casi migliorati del 7 / 10 %, in alcuni casi addirittura raddoppiati. Hanno aumentato i profitti la figlia del Cavaliere (Mondadori + 19 %) ma anche l’Ingegnere (Sogefi-gruppo CIR + 74%), l’editrice del Corriere della Sera ma anche il Gruppo Espresso, i fabbricanti d’occhiali e d’apparecchi acustici, le banche, le assicurazioni, i petrolieri, ENI, Enel, industrie pubbliche e private.
(ecco qui l’elenco)

Le eccezioni riguardano aziende che hanno commesso l’errore di voler diversificare troppo o che hanno privilegiato le operazioni finanziarie, invece di concentrarsi sul loro core business.
Tante altre piccole e medie aziende, non quotate in borsa, devono a loro volta aver guadagnato se hanno potuto alimentare il flusso di denaro verso i settori sopra menzionati.

Allora, la crisi c’è o non c’è? Non è ancora arrivata per i padroni del vapore ma ha colpito come sempre i ceti più deboli e, questa volta, anche i ceti medi. Di conseguenza, ha colpito anche i tantissimi negozi (abbigliamento, calzature, piccoli bar ecc.) che sono i fornitori di questi ceti.

Il governo, a prescindere dalla propaganda di parte, ha operato bene o no? L’impressione del profano é che l’economia delle imprese dipenda, in larga misura, dal mercato e dalla globalizzazione, e che il buon o mal-governo influenzi soprattutto il tenore di vita dei cittadini a reddito fisso, il cosiddetto welfare.

L’aumento dei guadagni si traduce in un aumento delle entrate del fisco (ad esempio, soltanto per il caro-benzina negli ultimi 20 mesi sono state incassate 2.378 milioni di tasse in più). Le entrate tributarie nei primi otto mesi del 2005 sono ammontate a più di

DUECENTOVENTIMILA MILIONI
di euro

Altri soldi incassano le Regioni con l’addizionale Irpef e i ticket che coprono parte della spesa sanitaria, i Comuni con l’addizionale Irpef e con l’ICI, mentre i lavoratori dipendenti e le aziende versano contributi all’Inps che coprono per buona parte la spesa per le pensioni.

Lo stato incassa una montagna di soldi, ma il Tesoro piange continuamente miseria: non ci sono mai soldi abbastanza per le pensioni e per la sanità. Dove va a finire quella montagna di soldi? Sono amministrati con scrupolo? Raccontò, una volta, Gianfranco Funari che il fisco è come un sacco con un buco sul fondo: quanti più soldi ci metti dentro, quasi altrettanti fuoriescono dal buco per destinazioni ignote. Qualsiasi governo, per giustificarsi, ricorre all’alibi dell’ “enorme buco” ereditato dal governo precedente. Denuncia e cerca di combattere l’evasione totale e l’elusione. Per salvarsi l’anima eroga elemosine ai meno abbienti e strenne alle neo-mamme.

Alcune di quelle destinazioni non sono per niente ignote. Purtroppo sono stati scritti fiumi di parole su mafia, ’ndrangheta e camorra che sottraggono illecitamente allo stato enormi risorse finanziarie.

Esiste, poi, un welfare opaco, appendice di quello ufficiale, che comincia soltanto ora ad essere indagato più a fondo (in proposito sta per uscire un saggio dei senatori Cesare Salvi e Massimo Villone) e che riguarda «quella corte di miracoli fatta di “dipendenti e consulenti” che vive attorno alla politica. … il dato più impressionante emerge da una tabella, dove si spiega che a fronte di circa centocinquantamila eletti ci sono quasi trecentomila persone che hanno “incarichi e consulenze”, e costano allo Stato poco meno di un miliardo di euro l’anno: la metà delle spese complessive per la politica. … Sulle consulenze “la Ragioneria generale dello Stato cerca disperatamente di conoscere i dati esatti” ma “c’è un enorme problema di trasparenza”.»
(Francesco Verderami - I soldi della «POLITICA SPA» A sinistra l’accusa di SALVI - Corriere della Sera - 5 novembre 2005)

Il catalogo è ben fornito e pieno di ricchi premi e cotillons. La varietà é la più disparata. Alcuni sindaci hanno inserito nel loro staff perfino il consulente per i gemellaggi internazionali altamente specializzato .

Può darsi che sia ingeneroso prendersela con i consulenti. Anche loro tengono famiglia (Leo Longanesi era solito dire: noi italiani non faremo mai la rivoluzione, perché siamo tutti parenti). Anche loro, poveretti, sono dei precari, un po’ privilegiati in verità rispetto ai precari laureati con 110 e lode.

Altri costi e sprechi della politica:

I rimborsi elettorali agli ottantuno partiti esistenti.

I lussi eccessivi dei personaggi politici: il Ministro e il Governatore della Banca d’Italia si recano a Washington al vertice del G7. Pernottamento al Four Seasons in suite da mille dollari il giorno (la Repubblica – pag.9 - 24 settembre 2005). Il Governatore ritorna, solo, con un Fokker privato: costo dai 5.000 ai 7.000 euro.

Il trattamento economico dei deputati al parlamento:
Indennità parlamentare lorda 12.434,32 euro più diaria soggiorno a Roma 4.003,11 euro più rimborso spese mensili di viaggio (fino a 100 km) 1.107,90 euro per un

TOTALE di 17.535,33 euro mensili.

Inoltre, a titolo di rimborso forfetario per le spese inerenti al rapporto tra eletto ed elettori, al deputato è attribuita una somma mensile di 4.190 euro, che viene erogata tramite il gruppo parlamentare d’appartenenza. (
Camera >Deputati >trattamento economico)

Di fronte a queste cifre, il pensionato che riscuote «la minima», o anche 1.000 o 2.000 euro il mese, ma anche il dipendente a reddito fisso avrebbero tutto il diritto di trovare nei programmi elettorali dei due poli un aumento delle pensioni–di tutte le pensioni- e dello stipendio del 50%, se non altro per recuperare l’aumento del costo della vita causato dall’introduzione dell’euro.

Se è vero che si deve porre mano a uno stato sociale ormai insostenibile perché finora abbiamo vissuto al disopra delle nostre possibilità, sarebbe scandaloso che un intero ceto continuasse a godere di privilegi non sempre meritati. Nei programmi elettorali dei due poli l’impegno contro l’evasione e l’elusione fiscale non basta. Deve essere fatto un salto di qualità inserendo proposte forti indicatrici di un deciso cambiamento di marcia. Accanto all’impegno di continuare la lotta contro il potere mafioso, occorrerà disboscare il sottobosco della politica e ridurre drasticamente i costi della politica e del funzionamento delle istituzioni. Ecco alcune cose che si dovrebbero fare:

Riduzione del 50% del TOTALE degli emolumenti ai parlamentari.

Abbassare al 7,50 l’otto per mille destinato alle confessioni religiose. La quota risparmiata potrebbe essere destinata all’aiuto alle famiglie.

Abolizione delle Province. Ci sarebbero una novantina di presidenti e vicepresidenti di meno, e un notevole minor numero di assessori, consiglieri e consulenti. Meno burocrazia. Meno spese e rimborsi elettorali. I loro compiti potrebbero benissimo essere svolti dalle Regioni o dai Comuni.


Purtroppo sperare nella capacità di cambiamento delle attuali forze politiche è illusorio «perché oggi … la loro iniziativa è mediocre, il sottogoverno esaurisce le loro sporadiche energie.» (Edmondo Berselli – la Repubblica - novembre 2005)
L’unica forza dei partiti è la pazienza degli elettori. Ma la pazienza potrebbe finire.
Perché un pensionato o un lavoratore dipendente dovrebbero mescolare il loro voto con quello di banchieri, petrolieri, unipolisti, parmalattieri ed altri happy few?
Per decidere soltanto quale dei due poli si deve spartire la torta?


Ha scritto Enzo Biagi sul Corriere della Sera dell’11 settembre 2005:
«Sono convinto che buona parte degli italiani abbia ormai deciso e sappia già per chi votare: non è una scelta politica o di ideali, è dettata dal portafoglio».
D’accordo. Però attenzione! Se i programmi non convinceranno, anche la scheda bianca sarà una scelta legittima e ... legale.


domenica 30 ottobre 2005

Ora legale

Questa notte siamo tornati all’ora solare. Ho rimesso indietro di un’ora le lancette del pendolo, di quattro sveglie, di tre orologi da polso e dell’orologio sulla parete di cucina e, come al solito, ho smoccolato per un’ora.

Io questa storia dell’ora legale non l’ho mai digerita. La prima volta che l’ho vista applicata è stato nei primi anni quaranta e, per questo, mi ricorda la guerra. Ci raccontano che si risparmia qualche milione di euro, ma nessuno ci ha mai chiesto se la vogliamo (a differenza degli svizzeri che, con apposito referendum, l’hanno democraticamente bocciata).

Tutti, oggi, sono a favore dell’osservanza delle regole e del rispetto della natura. I fusi orari esistono per distribuire in modo uguale la luce del giorno intorno al mezzogiorno. Perché, ad esempio, i Verdi non si sono mai impegnati in difesa dell’ora solare?.

L’ora legale inizia la notte dell’ultimo sabato di marzo e termina la notte dell’ultimo sabato di ottobre. Se non mi sbaglio, fino al 1997 terminava la notte dell’ultimo sabato di settembre. Come si può vedere nel diagramma allegato -dove le due curve rosse rappresentano l’ora del sorgere e del calare del sole in Italia e le due curve nere la correzione dell’ora legale- il diagramma, che fino al 1997 era simmetrico, con il prolungamento è diventato asimmetrico: logica vorrebbe che le due settimane intermedie di marzo fossero trattate come le due settimane intermedie di ottobre.

Il prolungamento ad ottobre fu deciso a livello europeo per unificare il periodo di ora legale con quello della Gran Bretagna.
D’altra parte, non si può pretendere troppo dalla burocrazia europea usa ad emanare normative su qualsiasi materia, spesso sbagliando, sia si tratti d’orari sia si tratti di profilattici.


giovedì 27 ottobre 2005

E' esportata ma è democrazia


Scrive Khaled Fouad Allam su la Repubblica del 26 ottobre 2005:

... "Certo, la questione della legittimità di un'azione di guerra si pone, e si porrà sempre. Ma quella domanda non congela la storia: perchè la storia va avanti."


giovedì 20 ottobre 2005

Primarie

Una delle ragioni del successo delle primarie dell'Unione del 16 ottobre 2005 è consistita, secondo autorevoli commentatori, nella voglia di partecipazione della gente.

Bella scoperta! Sono almeno quindici anni che si denuncia come la disaffezione dei cittadini nei confronti della politica sia in continua crescita in tutti i paesi democratici e come il principale rimedio vada ricercato nel ricorso a metodi di democrazia diretta.

Si leggeva cinque anni fa:

"Lo Stato (ogni Stato europeo) ... deve rinnovare i patti con una società mutante, fatta di individui che non si lasciano più fare, che vogliono avere cura di sé in maniera autonoma: dando a se stessi giuste leggi. ... che vogliono sapere e controllare quel che accade nelle sfere della politica, dell'economia, delle imprese mondiali di alimentazione, degli stati maggiori degli eserciti.
Sono stanchi di avere di fronte a sé istituzioni irresponsabili, rinchiuse nel segreto, esoteriche". Barbara Spinelli - "Nasce la società terapeutica - La paura mangia le nostre anime" La Stampa - 21 gennaio 2001

"La legittimazione del potere si sta sbriciolando. Il segnale più inquietante uscito dal World Economic Forum di Davos è che nessuno si fida più di nessuno: i cittadini non si fidano dei governi e delle organizzazioni internazionali e i consumatori non si fidano dei produttori. Il cittadino-consumatore non si fida più neanche degli scienzati, con l'idea generica che tutti sono al soldo di qualcuno, che le grandi corporation hanno i mezzi per condizionare chi istituzionalmente dovrebbe tutelare gli interessi generali e chi per etica professionale dovrebbe dire le cose come stanno. Non è un piccolo problema, perchè la credibilità e la legittimazione di chi prende le decisioni è un elemento fondamentale della coesione sociale". Marco Panara - "Istituzioni a rischio di una crisi di fiducia" - la Repubblica - AFFARI & FINANZA - 5 febbraio 2001

E' naturale, pertanto, che appena se ne presenti l'occasione, la gente accorra numerosa.

Il pericolo è che, ancora una volta, i politici sfruttino questa voglia di partecipazione a loro esclusivo vantaggio.

Qualcuno potrebbe chiedersi: perchè non lisciare il pelo della gente per il verso giusto? Perchè, ad esempio, non estendere il sistema delle primarie al modo di governare?

Il governo che verrà potrebbe, prima della discussione in parlamento, sottoporre all'esame delle primarie i più importanti disegni di legge. Si dovrebbe scegliere tra la proposta del governo e quelle dei partiti presenti in parlamento.

Ovviamente l'esame avrebbe carattere soltanto consultivo, essendo sottinteso che dovrà necessariamente risultare vincente la proposta del governo.

Ovviamente gli elettori, per votare, pagherebbero un contributo minimo di un euro e il ricavato sarebbe ripartito tra i partiti concorrenti in proporzione ai voti ricevuti.

Anche questo sarebbe un esperimento unico in Europa.

P.S. D'accordo che tutto è relativo, ma si deve ricordare che quasi dodici milioni di elettori non sono bastati per far vincere il SI nel referendum sulla procreazione assistita.


sabato 24 settembre 2005

Sistema elettorale

In questi giorni, si è fatto un gran parlare di riforma elettorale.
In Italia il sistema elettorale maggioritario, secondo alcuni osservatori politici, avrebbe fatto cilecca perché non è stato in grado di garantire la governabilità a causa dei disaccordi tra i partiti della coalizione al governo. Nel polo della CdL c’è chi chiede di tornare al proporzionale.
In Germania a fallire sarebbe stato, invece, il proporzionale.
Insomma, non esisterebbe un sistema elettorale perfetto in grado di stabilire la governabilità.

La governabilità si ha, al massimo grado (ma non in modo assolutamente certo), quando sono verificate due condizioni: 1) che la forza politica al governo abbia la maggioranza assoluta sia alla Camera sia al Senato. 2) che la forza politica al governo sia costituita da un solo partito.

Un sistema che soddisfa le suddette condizioni è il seguente.

A) Si divide l’Italia in 315 circoscrizioni. L’elettore vota, su un’unica scheda, il simbolo di partito cui è collegato il candidato per il Senato e due candidati per la Camera. Noti i risultati, si stila per ogni partito una graduatoria nazionale dei candidati al Senato e delle coppie di candidati alla Camera in base al quoziente “voti ottenuti/elettori della circoscrizione” moltiplicato per mille.

B) Ogni candidato può presentarsi solo alla Camera o solo al Senato, in una sola circoscrizione. Un partito può presentarsi anche in una sola circoscrizione.

C) I partiti per essere ammessi alle elezioni non devono raccogliere firme, ma ciascun candidato deve versare a fondo perduto una tassa pari ad un dodicesimo del reddito lordo dell’anno precedente alla data delle elezioni con un massimo da prefissare. Chi non ha avuto reddito deve versare un minimo da prefissare.

D) Al partito che ottiene più voti, in ambito nazionale, è assegnato il 51% dei seggi sia alla Camera sia al Senato. Sono eletti i candidati (e le coppie) col più alto quoziente a prescindere dalla circoscrizione.

E) I rimanenti seggi sono suddivisi in modo proporzionale ai voti ottenuti tra tutti i partiti ammessi alle elezioni. Sono eletti i candidati (e le coppie) col più alto quoziente a prescindere dalla circoscrizione.

F) Ogni partito si presenta da solo alle elezioni, non sono ammesse coalizioni.

G) Se un partito cambia nome diventa un nuovo partito. Se più partiti stabiliscono di fondersi, mantenendo il nome di uno dei partiti originari, quello risultante diventa un nuovo partito per chi proviene dai partiti che hanno rinunciato al loro nome.

H) Chi stato eletto in un partito non può essere eletto in un nuovo partito prima che siano trascorsi cinque anni dall’adesione al nuovo partito.

I) I parlamentari eletti non possono cambiare gruppo parlamentare. Chi si trovasse in dissenso col proprio partito non è obbligato a dimettersi, può ovviamente votare contro. Chi si dimette o chi muore è sostituito dal primo dei non eletti dello stesso partito.

* * * * * * * * * *

La suddivisione in circoscrizioni non è fatta per soddisfare il criterio di rappresentanza, ma solo a scopo organizzativo.

E’ ora di smetterla con la storiella che ci si candida per spirito di servizio. Chi vuole governare deve pagare un tributo secondo le sue possibilità. In questo modo si limita anche il proliferare dei partiti.

I protagonisti sono i partiti. Il sistema descritto è proporzionale con premio di maggioranza.
A tutti i partiti che ottengono almeno un quoziente è assicurato il diritto di tribuna (Minimo due deputati e un senatore).

Avendo il partito di governo la maggioranza assoluta, scompaiono le cosiddette verifiche.

La possibilità che un gruppo di parlamentari del partito di maggioranza entri in disaccordo col proprio partito e decida di votare contro (la maggioranza è solo del 51%) attenua il pericolo di dittatura della maggioranza. Quest’ultima sarà indotta a ricercare l’appoggio dei partiti affini.

Dato che gli italiani, quando vanno a votare -così come quando vanno allo stadio- ci vanno per vincere, è lecito supporre che il sistema evolverebbe ben presto verso il bipolarismo fra i due maggiori partiti. Le regole G) e H) attenuano il pericolo che questi due partiti diventino dei contenitori dove si può trovare di tutto, dando luogo a troppe correnti che causerebbero gli stessi difetti dei governi di coalizione.

Qualcuno obietterà che il premio di maggioranza penalizza troppo i partiti perdenti e che non è democratico. Bisogna intendersi. Se si vuole la governabilità non c’è altro metodo. Se si vuole la democrazia, cioè il proporzionale puro, bisogna accettare il rischio dell’ingovernabilità.

* * * * * * * * * *
Se questo sistema fosse stato adottato in Germania, Frau Angela Merkel sarebbe il nuovo cancelliere e il parlamento tedesco sarebbe composto come sotto riportato (si sono considerati ottenuti da un solo partito i voti di Altri (3,9%) perché la reale distribuzione non è stata resa nota dalla stampa italiana), dove la prima cifra è la percentuale di voti (P) ottenuta, la seconda i seggi ottenuti col sistema attuale, la terza cifra (Ns) i seggi ottenuti se ci fosse stato il premio di maggioranza del 51% per il partito vincente e l’ultima cifra la differenza in seggi:

CDU-CSU 35,2% / 225 / 312 / +87
SPD 34,3% / 222 / 159 / -63
FDP 9,8% / 61 / 46 / -15
LINKE 8,7% / 54 / 40 / -14
VERDI 8,1% / 51 / 38 / -13
Altri 3,9% / 0 / 18 / +18

Totali 100% / 613 / 613 / 0

Dove, per i perdenti:
Ns = (613-312) x P / (34,3+9,8+8,7+8,1+3,9)
Ns = 301 x P / 64,8


mercoledì 29 giugno 2005

Elezioni, leggi e religioni

Disappunto in Occidente. A fine giugno 2005, in Iran, l'estremista antioccidentale Mahmud Ahmanidejad ha vinto le elezioni presidenziali, sostenuto dai fondamentalisti e votato dagli strati più poveri della popolazione.

Nello stesso periodo, in Spagna, il cardinale arcivescovo di Madrid, alla testa di 19 vescovi, ha partecipato a una marcia per impedire al Parlamento di approvare la legge che consente i matrimoni fra gay.

Il 12 giugno 2005, in Italia, il popolo "ha dato prova di grande maturità" facendo fallire il referendum sulla procreazione assistita, difendendo così una legge dello Stato approvata in Parlamento da una maggioranza trasversale.

Il 4 novembre 2004, negli Stati Uniti, George W. Bush, facendo leva "sui sentimenti dell'America più profonda", ha vinto il secondo mandato presentandosi come il difensore e il restauratore, dei valori tradizionali, "dio, patria e famiglia". «Una delle mosse più astute e meno studiate di Karl Rove, l'architetto della vittoria, è stata quella di introdurre sulle schede di 21 stati un referendum provocatorio sulla legalizzazione del matrimonio fra gay, anche se Kerry già si era dichiarato contrario. I referendum sono stati tutti sonoramente sconfitti ma hanno fatto scattare fra Kerry e il peccato, fra i democratici e l'immoralità, il riflesso condizionato dell'equazione "democratici uguale anticristi"» (Zincone su Repubblica).

Nel 1991, in Algeria, il Fronte di Salvezza Islamica vinse il primo turno delle elezioni politiche con 188 seggi contro i 43 degli Altri. L'esercito annullò immediatamente il secondo turno e invalidò i risultati del primo. Il fatto fu accolto in occidente con disincanto.

Come si vede, le religioni non hanno mai smesso di giocare un loro ruolo nelle vicende politiche dei popoli. In forme diverse e con esiti differenti, a seconda dei tempi e dei luoghi, ma fonte, quasi sempre, di autoritarismo o di tirannia.

A volte è più facile diventare tiranni o imporre leggi autoritarie con la democrazia che esportare la democrazia con le armi. Altre volte la forza è servita a convertire interi popoli. Basta ricordare l'episodio di Verden dove, nel 782, 4500 testardi pagani furono decapitati, in un solo giorno, perchè si ostinavano a non volersi convertire.

Sulla base del ruolo che gioca l'attività legislativa nel determinare il confine tra libertà naturali e libertà istituzionali ho escogitato -tempo fa- un modo per rappresentare graficamente lo stato di sviluppo e di civiltà di una nazione. In breve, su un grafico polare, il punto S, che ha come coordinate il raggio vettore RO proporzionale allo sviluppo e l'anomalia ALFA (in senso antiorario) proporzionale alla quantità delle leggi virtuose, rappresenta il livello di democrazia della nazione; il punto T, che ha come coordinate lo stesso raggio vettore RO e l'anomalia TETA (in senso orario) proporzionale alla quantità di leggi autoritarie o tiranniche ne rappresenta invece il tasso di tirannia.

Per maggiori dettagli sui Grafici dello Sviluppo e sul ruolo delle religioni vedere
http://www.webalice.it/sergio.vivi/liberta.html


mercoledì 22 giugno 2005

Nomi

Titoli sui giornali.
"Il paradosso dell'Unione".
Si parla dell'unione europea? No, si parla del centrosinistra.
"Un'Unione solidale".
Si parla del centrosinistra? No, si parla dell'Unione europea.
Anche questa volta la mano di chi ha scelto la nuova denominazione del centrosinistra non è stata felice: con la fama di cui gode in questo momento l'UE, il nome Unione potrebbe rivelarsi controproducente.


sabato 18 giugno 2005

Euro e competività

A proposito della perdita di competitività il mio amico Tomaso F. ha avanzato la seguente tesi:

La principale causa di perdita di competitività dell’Italia è l’euro, alla cui adozione si devono addebitare il blocco degli investimenti e dello sviluppo naturale del paese. A quel tempo non c’erano le possibilità concrete dell’Italia di recuperare il gap strutturale esistente con gli altri paesi aderenti, per cui, l’impossibilità di svalutare (o di lasciare fluttuare liberamente) la moneta avrebbe provocato una perdita di competitività con conseguente diminuzione (crescente nel tempo) di quelle risorse da destinare alla realizzazione delle riforme necessarie a portarci al livello degli altri. Si sarebbe innescata una retrazione positiva che avrebbe, nel tempo, reso instabile il sistema facendolo precipitare -come una bilia che cade in un imbuto- verso un nuovo “attrattore” in fondo al quale avrebbe trovato un nuovo stato stabile denominato DECLINO.

Leggete ora il seguente programma:

«L’Italia è uno tra i paesi più avanzati al mondo. Con un tasso di crescita superiore al 2,5% e un’inflazione sotto controllo, le sfide che abbiamo davanti non fanno paura.
. . . . Entro il 2006 l’Italia dovrà essere un paese diverso da oggi, con un livello di competitività elevato, uno sviluppo più dinamico, una buona integrazione sociale, una disoccupazione ricondotta alle sue soglie fisiologiche, uno Stato più moderno, servizi più efficienti, un insieme di riforme finalmente compiute, un ruolo da protagonista nel nuovo scenario internazionale.
. . . . noi indichiamo proposte e misure concrete, con una credibilità che deriva dai risultati raggiunti (negli ultimi) 5 anni:
. . . . il risanamento della finanza pubblica, la ripresa del processo di sviluppo, l’ingresso nell’euro, la disoccupazione scesa sotto il 10% –con 1.454.000 occupati in più–, la capitalizzazione della borsa triplicata, la riduzione dei tassi di interesse al 5%, il consistente recupero di evasione fiscale, le privatizzazioni e il varo di riforme strategiche.
Le nostre proposte per il contenimento della spesa pubblica corrente e la riduzione degli oneri degli interessi sul debito pubblico porteranno all’erario circa 70.000 miliardi di risorse aggiuntive, che si sommeranno ai 30.000 recuperati dall’evasione fiscale. Si tratta di 100.000 miliardi, una cifra ingente, che sappiamo come spendere».

La tesi che la principale causa di perdita di competitività dell’Italia è l’euro, alla cui adozione si devono addebitare il blocco degli investimenti e dello sviluppo naturale del paese, come si vede è facilmente confutabile. La perdita di competitività si poteva evitare, con o senza l’euro, soltanto che gli italiani nel 2001 avessero mandato al governo l’Ulivo che avrebbe senz’altro tenuto fede alle solenni affermazioni sopra riportate (tratte da “Il programma dell’Ulivo per il governo 2001/2006, presentato da Francesco Rutelli, Newton & Compton editori) invece che la Casa delle Libertà.

F. sostiene anche -quello che già si sapeva- che la realtà del nostro paese, la sua cultura, l’opinione pubblica più diffusa, impediscono di fatto ogni cambiamento. Nessuno vuole rinunciare ai propri privilegi, tutti sono in grado di condizionare con i propri voti elettorali qualsiasi formazione di governo.

A parte gli scherzi, io penso che il comportamento del popolo italiano sia naturale e non diverso da quello di tutti gli altri (anche i francesi hanno bocciato la costituzione UE per paura dell’ “idraulico polacco”) così come è naturale che gli abitanti della Padania difendano il loro particolare, la loro “roba”, come fanno i siciliani. Tutti teniamo dei legittimi (legali)comportamenti individuali il cui esito “inintenzionale” –come direbbe Friedrich A. von Hayek- è quello di impedire il cambiamento.

Penso, invece, che prendere decisioni tra le possibili scelte e cercare di riformare il sistema nell’interesse di tutti spetti alla classe politica e dirigente del paese e, in particolare, alla maggioranza di governo. Almeno noi crediamo di eleggerli per svolgere questo compito.

Ma è possibile per la classe politica fare riforme strutturali in Italia?

Secondo alcuni commentatori politici (Piero Ostellino, La sindrome antiriformista, Corriere della Sera, 16 aprile 2005) siamo vittime di una sindrome antiriformista riscontrabile sia nel centro-destra che nel centro-sinistra.
A destra, qualsiasi riforma proposta da FI e dalla Lega è rifiutata sia dall’ UDC che da AN gelose del proprio elettorato, mentre, a sinistra, i riformisti di Fassino e D’Alema sarebbero vittime di un Prodi che si appresterebbe a governare da ex democristiano, «che rimane il prodotto tipico, a Denominazione di Origine Controllata, della Dc del “compromesso continuo” con gli interessi organizzati, dei finanziamenti a fondo perduto al Meridione, dei sussidi alla grande industria,del neo-corporativismo sindacale, dell’occupazione dello Stato.»

Quello che manca è un partito di massa veramente riformista e libero da condizionamenti estremistici. La realtà è che le elezioni in Italia, in questo periodo storico, servono soprattutto a consegnare il potere a una delle due “bande” contrapposte aventi gli stessi pregi e gli stessi difetti. Poi –come scriveva Gaetano Mosca, il teorico delle “élites”- se gli interessi dei governanti coincideranno in minima parte con quelli del popolo tanto meglio. Altrimenti pazienza!

La mia opinione -da profano in economia- è di mantenere l’euro anche se altri paesi aderenti dovessero nel tempo cambiare moneta. Quando fossimo rimasti l’unico paese con l’euro allora potremmo lasciarlo fluttuare liberamente o svalutarlo.
L’introduzione dell’euro l’abbiamo pagata a caro prezzo. Altrettanto caro pagheremmo il ritorno alla lira.

In conclusione, resta la domanda:
Siamo sicuri che il non entrare nell'euro avrebbe permesso all'Italia di compiere il tragitto virtuoso verso le riforme strutturali necessarie?


venerdì 17 giugno 2005

Manifesti elettorali

Come si sarebbe sviluppata l'attuale polemica tra Prodi, Rutelli e Berlusconi se fossero rimasti di moda i manifesti della campagna 2001? Cliccare qui sotto

http://www.webalice.it/sergio.vivi/berlusconiEprodi.html


 

Il punto di vista, magari irrilevante e sbagliato, di un cittadino qualunque, confidente nella libertà, detentore saltuario della sovranità, indotto a cederla, nell’occasione, a rappresentanti per niente fidati.

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