IL BLOG DI SERGIO VIVI



giovedì 31 dicembre 2009

Pronto soccorso

La Sanità, a Bologna, è un fiore all’occhiello della regione amministrata dal centrosinistra.
Eppure succedono cose del genere.
Anche a Milano, la Sanità è un fiore all’occhiello della regione amministrata dal centrodestra.
Eppure succedono le stesse cose.



La costituzione dell'URSS... garantiva

Di ritorno da un viaggio di lavoro in Giappone, nei primi giorni di dicembre del 1978, facemmo scalo in uno degli aeroporti di Mosca. Ricordo la data perché nei quindici giorni della mia permanenza era morto, nel paese dalla cui architettura era stato più volte ispirato, l’architetto Carlo Scarpa, e c’era stata la visita del ministro degli esteri Arnaldo Forlani.
Era notte, nevicava e non c’era posto negli alberghi. Ci ritirarono i passaporti, ci dettero un panno e ci fecero accomodare sul pavimento della sala d’aspetto (assieme al personale civile che aveva giudicato inopportuno raggiungere le proprie abitazioni).


Aspettando l’alba, non riuscendo a dormire, detti un’occhiata ad alcuni opuscoli in lingua italiana messi su un tavolino a disposizione dei viaggiatori extrasovietici.
Uno era la presentazione della nuova costituzione dell’Urss entrata in vigore nel 1977, con elencati i principali articoli sui diritti e sulle libertà garantite ai cittadini.


Ogni articolo era corredato da un’intervista ad un’eminente personalità.
In particolare, l’articolo 42 sulla tutela della salute, era illustrato dal Ministro della sanità pubblica.


Non c’è che dire. Sulla carta era una delle migliori costituzioni del mondo.
Lo Stato provvedeva a tutto.
«Si può rendere a pagamento l’assistenza medica? No, ciò è impossibile».
Poi si è visto com’è andata a finire.


mercoledì 18 novembre 2009

Uno strano ircocervo socialista-togliattiano

Un articolo interessante che mette in luce l'incoerenza di certi politici
Ffwebmagazine - Uno strano ircocervo socialista-togliattiano


giovedì 12 novembre 2009

Con API si vola

Proposta per il nuovo logo del movimento di Francesco Rutelli.
Da un’idea dell’onorevole Casini.


sabato 24 ottobre 2009

Le primarie di Repubblica

Destino cinico e baro. Io mi piazzai al 191esimo posto. Il mio amico Alberto, con cui avevo scommesso che l’avrei surclassato, mi batté con ben 53 preferenze a 20.
Tutti e due avemmo la soddisfazione di arrivare davanti a personalità come Angelo Panebianco, Massimo D’Alema e Vittorio Sgarbi, ma Alberto, il sacrilego, ebbe l’impudenza di superare perfino Silvio, come si può vedere dallo stralcio di classifica sotto riportato:


* * * * * *
Le primarie indette come gioco da Repubblica nel gennaio 1994, poco prima delle amministrative per l’elezione del Sindaco di Bologna, potrebbero essere un modello nel caso si volesse istituzionalizzare per legge questo sistema.
Nessuna regola. Tutti potevano votare: bastava saper scrivere un nome ed avere i soldi per il francobollo.
Tutti erano candidati, senza bisogno di raccogliere firme. Naturalmente i partiti e le associazioni potevano promuovere loro candidature e pubblicizzarle.
Nessun bisogno di firmare dichiarazioni di qualsiasi sorta.
Non erano primarie di partito e nemmeno di coalizione.
Erano PRIMARIE CONGIUNTE.
Ogni elettore aveva a disposizione un’unica scheda (nel 1994 il giornale la stampò per più giorni, ma a questo si può benissimo ovviare) per votare il suo candidato, a qualunque partito appartenesse. Questo fatto limitò molto il pericolo d’inquinamento del voto. Se votavi per un nome di un partito avversario perdevi la possibilità di votare per un nome del tuo partito preferito.
Eventuali inquinatori di uno schieramento sarebbero stati, in parte, neutralizzati dagli inquinatori dell’altro. Dall’esito della votazione ogni partito, volendo, ebbe la possibilità di scegliere il proprio candidato alla carica in gioco.

* * * * * *
Dai dati riportati nella classifica completa, si può vedere che su circa 12.000 schede i nomi votati furono circa 900, dei quali circa la metà non ottenne più di 2 preferenze.
In una primaria non c’è, in ogni modo, nessun problema di voto disperso, essendo unico il posto in gioco (quello di sindaco, nel caso specifico).

* * * * * *
Proprio tutta un’altra cosa rispetto alle primarie di domani del Partito Democratico.

Qui la classifica completa.


giovedì 22 ottobre 2009

La stagionata quinta domanda

Articolo 27 della Costituzione
L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva.

Evidentemente per la Repubblica vale il contrario:
L'imputato non è considerato innocente sino alla sentenza definitiva.


giovedì 15 ottobre 2009

Speciale primarie

Buona idea!
Dopo averli lavati, stendeteli al sole … del passato.


domenica 11 ottobre 2009

Il pronto soccorso ortopedico dell'Ospedale Maggiore di Bologna

IL FATTO

Anche a me è capitato di accompagnare un infortunato al pronto soccorso.

A Dio piacendo, può capitare a tutti un incidente.
Tardi un attimo, alla partenza, a sorreggerti al corrimano del bus, perdi l’equilibrio, cadi pesantemente a sedere ed avverti subito forti dolori.
Tu non lo sai ancora, ma ti sei fratturato il soma di L1.

Il Pronto soccorso ortopedico dell’Ospedale Maggiore ti accetta, con codice verde, alle 11,56 del 14 luglio.
Alle 13,30 circa il dottor C ti dice: «La mando a fare una lastra, ci vediamo dopo». Tu non lo sai ancora ma, quel giorno, il dottore C non lo rivedrai più.

Tra le 13:35 e le 14:15 sei in coda in Radiologia. Alle 14:15 ti sottoponi ad una RX Rachide Lombo Sacrale ed alle 15:05 è pronto il dischetto con il referto.
Tu non lo sai ancora, ma il tuo referto rimarrà, per sette ore, dimenticato da qualche parte.

Alle 15 circa sei di nuovi in attesa al P.S. ortopedico.
Non hai il minimo dubbio che le cose procedano per il meglio, almeno finché vedi intorno a te pazienti giunti insieme con te.
T’illudi e pensi: «Non c’è male, se non alle quattro, alle cinque sono fuori».

Alle 19,30 il P.S. chiude.
Conti ancora tredici pazienti in attesa, ai quali si aggiungono alla spicciolata, provenienti dalla radiologia, quelli arrivati al P.S. tra le 17,30 circa e le 19,30. Diciamo un’altra dozzina. In tutto venticinque. Che valgono, però, per cinquanta, dato che dalle 20 rimangono in servizio un solo dottore ed un solo assistente.

Alle 21,40 rimasto solo della tua batteria, ti allarmi e chiedi lumi all’infermiera: «Il paziente 779330? Finché non ci perviene la sua lastra non possiamo chiamarlo».
A questo punto ti rendi conto che la “sfiga” è sempre in agguato.

Chi lavora sa che una dimenticanza del genere può sempre capitare. Recita una delle varianti della Legge di Murphy: «se qualcosa può andare storto, lo farà nel momento peggiore possibile». Non finisce mai di stupire, però, l’assoluto rispetto che l’infinita bontà di Dio ha per il libero arbitrio degli uomini. Degli operatori sanitari nel caso specifico.
A quanto pare, il sistema di funzionamento del P.S. non prevede nessun monitoraggio di questo tipo d’errori. Senza quella dimenticanza avremmo atteso un’ora e mezzo di meno.

Pochi minuti dopo le 22 ti chiamano ed alle 22,17 ti stampano il referto con la prognosi. Tutto è bene quel che finisce bene. In fin dei conti, in meno di mezza giornata (9 ore e 21 minuti), hai saputo cosa ti era successo, cadendo. E ti rendi conto che quell’attesa non è niente rispetto alla cura che ti aspetta: 23 giorni d’immobilità assoluta, supino, a letto.
Dipende, però, da caso a caso.

LA RIORGANIZZAZIONE

Dal 10 agosto scorso la rete ortopedica bolognese è stata oggetto di una riorganizzazione: il pronto soccorso del Maggiore funziona ininterrottamente 24 ore mentre di giorno sono attive anche le emergenze del Rizzoli e del Sant’Orsola.
Lo scopo era di razionalizzare il servizio e di migliorarlo. Invece …

«Una giornata “un po’ più critica del solito”, la definisce Giovanni Gordini, il direttore del dipartimento di Emergenza e Urgenza dell’Ausl: almeno un’ottantina di richieste … più accessi di quelli che si verificano mediamente nelle 24 ore anche rispetto a quanto accadeva nei mesi passati.»

Dall’articolo
Comunicazione e relazioni con il cittadino
Relazioni con i media
Comunicazione e relazioni con il cittadino Azienda USL di Bologna


leggiamo, tra le altre, queste cifre (dati 2008):
«L’Ospedale Maggiore dispone di 654 posti letto, distribuiti su 42 unità operative, vi lavorano circa 2.300 operatori, 420 dei quali medici, 1.000 infermieri, 320 addetti all’assistenza di base, 220 tecnici sanitari.
Il Pronto Soccorso (generale e ortopedico) ha accolto oltre 80.000 cittadini, 16.000 dei quali successivamente ricoverati. I codici rossi sono stati circa 1.400, i gialli 17.000, i verdi oltre 40.000».

420 medici diviso 42 unità operative fanno in media 10 dottori per unità.
1000 infermieri, fanno 24 infermieri per u.o.
220 tecnici sanitari fanno 5 per u.o.
Oltre 80.000 pazienti diviso 365 giorni fanno in media 220 richieste giornaliere.
Sarebbe interessante sapere quante di queste mediamente hanno fatto giornalmente capo al p.s. ortopedico: 10, 50 o 100?

Ce lo dice quest’altro articolo, dove leggiamo:
«Il Pronto Soccorso Ortopedico dell’Ospedale Maggiore registra attualmente, nella fascia oraria 8 – 20, circa 21.000 accessi all’anno, ai quali fanno seguito 1150 ricoveri. …………..
..... Il Pronto Soccorso Ortopedico dell’Istituto Ortopedico Rizzoli registra oggi circa 46.000 accessi all’anno, dei quali circa 16.000 in fascia oraria notturna, 20-8. Quest’ultimo è il volume di attività che verrà trasferito presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale Maggiore durante le ore notturne, a seguito della estensione della copertura di attività alle 24 ore e della cessazione dell’accettazione notturna presso il Pronto Soccorso dell’Istituto Ortopedico Rizzoli, nella fascia oraria 20-8».

Quindi finora il Maggiore aveva una media giornaliera di 57 accessi (21.000 diviso 365 giorni).
Dopo il 10 agosto avrà una media giornaliera di 101 accessi [(21.000 + 16.000) diviso 365], supponendo che il Rizzoli continui ad avere i restanti 30.000 accessi.
Se un’ottantina di richieste rende critica una giornata, l’impressione è che nel 2009 le “giornate critiche” saranno piuttosto numerose.

* * * * * *

Alle lamentele dei pazienti si aggiungono le preoccupazioni degli operatori sanitari …

Gli operatori del pronto soccorso, in una lettera inviata alla caposala, denunciano la «criticità del sistema» … «quanto successo la notte tra il 14 e il 15 settembre (con richieste più numerose del solito) … non è stato un episodio sporadico, ma una crisi del sistema che rappresenta un sintomo di un collasso annunciato, che ha creato non poco malumore (è un eufemismo) nell’utenza che, come al solito, scarica la sua rabbia con chi si trova davanti: noi infermieri ma anche gli ausiliari».
I rappresentanti della Cgil e delle Rsu sostengono che «l’azienda Usl ha sottostimato la pressione sui lavoratori con l’apertura del nuovo pronto soccorso ortopedico. C’è un generale aumento di prestazioni …».

Non c’è da meravigliarsi. Per preparare la transizione, la Direzione Sanitaria non aveva fatto altro che aggiungere una stanza al P.S. togliendola al contiguo Ambulatorio Colonna (quello che effettua i successivi controlli medici) ed aumentare di qualche unità il personale addetto.

IL RIMEDIO

La Repubblica dà martedì 6 ottobre la notizia, in quinta di cronaca, che l’assessore provinciale alla Sanità, nelle vesti di presidente della conferenza socio-sanitaria, ha chiesto alla direzione del Maggiore di presentare un piano per far calare i tempi d’attesa al pronto soccorso.
Un piano cui «dovrà essere affiancata una valutazione sull’organico da effettuare anche con i sindacati».

C’è poco da valutare. Qualsiasi metodo di programmazione (ad esempio il CPM, Critical Path Method), insegna che per dimezzare i tempi necessari a conseguire un obiettivo occorre raddoppiare le risorse. Per passare da un’attesa di 10 ore ad una di 5 invece di 10 medici ce ne vogliono 20, e il problema non può ancora dirsi risolto.

Sabato 10 ottobre, la Repubblica riporta (I e II di cronaca) la risposta dei dirigenti dell’Ausl: «I responsabili del Maggiore sono convinti che l’attuale emergenza non dipenda tanto dalla chiusura del P.S. del Rizzoli … ma da aumento di pazienti superiore alle aspettative».
Ma come? Si meravigliano come se una moltitudine di persone si fossero messe d’accordo per fare loro un dispetto, quando i 101 pazienti giornalieri di media risultano dai dati che loro stessi hanno fornito in diverse occasioni.
E promettono anche l’avviamento «dell’iter per l’assunzione di nuovo personale –due medici di medicina generale, un ortopedico (leggasi UNO), tre infermieri, un tecnico di radiologia». Meno di un ortopedico in più nei tre turni giornalieri. Come il solito, la montagna ha partorito il topolino.

IL WELFARE

A questo punto vorrei fare alcune semplici riflessioni, senza entrare in quella giungla di leggi e decreti emanati in sede nazionale e regionale che regolano il servizio sanitario (tirando ad esempio in ballo i Livelli Essenziali d’Assistenza - LEA).

Quel pomeriggio di luglio, abbiamo visto e sentito di tutto e di più.
Abbiamo avuto la netta sensazione che la gente, che pure dovrebbe essere consapevole di trovarsi in una delle migliori sanità regionali, non accetti un’attesa d’otto ore. Viene fuori l’individuo con le sue esigenze “particolari” che, carico di rabbia, giudica il servizio indegno di un paese civile.
Verso le 20 un paziente esasperato ha urlato all’infermiera: «E’ da mezzogiorno che sono qui, ho la gamba gonfia, quanto tempo debbo ancora aspettare. Vergogna! Vergogna! Vergogna! …». L’infermiera, un minuto dopo, forse per consolarlo: «Ne ha ancora tre davanti».

A partire dal dopoguerra, in Italia, come negli altri stati europei, ha preso piede il modello di welfare detto "universalistico". I diritti derivano dalla cittadinanza: alcuni servizi sono offerti gratis a tutti i cittadini dello Stato senza nessuna differenza (negli ultimi anni estesi a chiunque viva qui). Il guaio è che, da più di una generazione ormai, la gente è stata abituata a considerare i servizi gratuiti come dei diritti ormai acquisiti ed irrinunciabili.
Convinzione, quest’ultima, che contrasta con i comportamenti quotidiani delle persone che si abituano in fretta ai nuovi stili di vita, e cercano di prendersi tutti i vantaggi possibili. In una situazione come quella del pronto soccorso che capita una volta tanto, molta gente, per fare prima, avrebbe volentieri pagato 100 o 200 euro o l’effettivo costo della prestazione. Persone, magari, appena tornate da una crociera o che hanno appena acquistato l’ultima versione del BlackBerry e che reputano normale pagare l’assicurazione della macchina, le rate del SUV e l’abbonamento a Sky. Tutti costoro considerano la gratuità del servizio un niente in confronto al disagio della lunga attesa.

* * * * * *
Considerando anche altri aspetti del welfare nel suo complesso, si ha l’impressione che quelle forze politiche che si battono a spada tratta per la conservazione della situazione attuale -strette tra l’incudine di risorse insufficienti ad assicurare servizi di qualità ed il martello della rabbia degli utenti- siano quelle destinate a pagare di più sul piano del consenso. La gente si sente più tradita da queste forze, che da altre più “liberiste”. La mano invisibile di Adam Smith funziona anche nel mercato elettorale. Le motivazioni individuali di tanti (come insegna Friedrich A. von Hayek) portano ad un esito inintenzionale: la vittoria di una parte piuttosto dell’altra.
Si potrebbe ribaltare un detto in auge nella prima repubblica, affermando: gli italiani sono liberali, ma non lo sanno.
Forse è per questo che il centrosinistra fatica sempre più ad affermarsi.


lunedì 5 ottobre 2009

Piccoli annunci

A.A.A.A.A.A.A. Splendida donna, naturale eleganza, due gocce di chanel n.5… e via! Già esibitasi in televisione (anche secondo canale), uso sapiente della perifrastica, scevra da lodi, no scudo fiscale, sì intercettazioni, valuta candidature per le prossime regionali. Massima riservatezza.


venerdì 2 ottobre 2009

Ci sono cascati un'altra volta

E’ bastato che abbia stretto la mano a monsignor Vecchi, perché il sindaco Delbono suscitasse qualche sconcerto in alcuni suoi elettori duri e puri.
A me pare che cardinali, monsignori e preti, in quanto cittadini italiani con diritto di voto, possano esternare le loro opinioni in piena libertà. Schierarsi a favore di un costruttore di stadi, se lo ritengono opportuno per tutelare i loro legittimi interessi, ed agire come qualsiasi altra lobby.

Capisco anche come per gli elettori d’origine DS venga naturale criticare un sindaco d’area Margherita (cioè cattolico popolare). Difficilmente accade il contrario. Nel 2004, quando fu eletto Sergio Cofferati che aveva condotto la sua campagna elettorale all’insegna della “partecipazione dei cittadini” –accantonandola di brutto, una volta eletto- furono ancora gli illusi dei DS a prendere d’assalto la rubrica “lettere” di Repubblica.

Sembra paradossale ma pare che, questo diverso comportamento, sia dovuto al fatto che gli ex democristiani siano molto più laici degli elettori ex Pci-Pds-Ds.

Come si sa, la politica è l’arte del possibile. Se, per essere sicuri di vincere, si sceglie un candidato invece di un altro, un prezzo da pagare c’è sempre. Inutile protestare. D’altra parte erano stati avvertiti che l’amalgama non era riuscito (e probabilmente acqua e olio sono destinati a rimanere separati). Ma, a quanto pare, ci sono cascati un’altra volta.


lunedì 28 settembre 2009

Varie

1. Mancano 5 giorni alla manifestazione del 3 ottobre indetta, a Roma, dalla Fnsi per la libertà di stampa sotto lo slogan: «No all’informazione al guinzaglio». Una delle ragioni, ricorda oggi la Repubblica, sono le cause milionarie intentate dal premier Berlusconi contro alcuni quotidiani. Vorrei rilevare che fare una causa non significa vincerla. I giornali chiamati in causa sanno bene che ci sono ancora dei giudici in Italia: se la ragione è dalla loro parte non hanno nulla da temere.
Io tutte le mattine acquisto la Repubblica (lo ritengo un giornale ben fatto e lo compro dalla fondazione, anche se da tempo non ne seguo più i consigli per gli acquisti). Non mi sembra scritto da giornalisti intimoriti e con un guinzaglio al collo.
Vorrà dire che, sabato 5, per solidarietà non andrò in edicola.

2. Libero e il Giornale hanno lanciato una campagna contro il canone Rai.
Mi ricordo che Berlusconi già durante la campagna elettorale dell’aprile 2006 aveva promesso di abolire il canone per gli ultra settantenni, se avesse vinto.
Perse da Prodi e nell’aprile 2008 non se ne ricordò.
Ritengo che un servizio pubblico dovrebbe essere rivolto a tutti i cittadini, non soltanto alle famiglie dei possessori di un apparecchio TV. Dovrebbe, pertanto, essere a carico della fiscalità generale. Non conosco i dati, ma si dia alla TV di stato lo stesso tetto di pubblicità che hanno le private e si abolisca una volta per tutte questo balzello.
S’incolpano sempre i due governi di centrosinistra di non avere risolto il conflitto d’interessi.
Libero e il Giornale facciano pressione sul loro governo perché risolva il problema e la smettano di fare i Masanielli.


L'Italia meglio della Svizzera

La Svizzera ha un sistema politico antiquato. Impiega ancora metodi di democrazia diretta: un sistema elettorale proporzionale, la possibilità di esprimere un numero di preferenze ai candidati pari al numero dei seggi da attribuire, la possibilità di dare voti preferenziali sia ai candidati della lista prescelta sia a candidati d’altre liste, il referendum opzionale o confermativo, l’iniziativa popolare o referendum propositivo. Tutte cose che in Italia non abbiamo più, non abbiamo mai avuto od usiamo raramente. Questo nonostante l’Italia sia una nazione più giovane della Svizzera, pur avendo avuto un regno, una dittatura, due repubbliche e (secondo Sartori) un sultanato.

Leggevo stamattina sul Venerdì di Repubblica (n. 1123) l’articolo: «Non esportiamo democrazia. Ma armi sì».
«Una settimana prima della strage di Kabul lo studio ricerche del congresso Usa aveva stilato il rapporto annuale sul commercio d’armi, con una buona notizia per l’industria militare italiana, tornata la seconda esportatrice del mondo. Primi naturalmente gli Stati Uniti, con 37,8 miliardi, staccata l’Italia con 3,7 miliardi, ma sempre davanti alla Russia e al resto del mondo».
Un tempo, non molto lontano, c’era la Svizzera ai vertici mondiali dell’esportazione d’armi: ora –se i dati pubblicati sono corretti- l’abbiamo superata.

Tanti anni fa, quando in Italia le banche davano interessi a due cifre sui conti correnti, si leggeva che in Svizzera si pagava per lasciare i soldi depositati in banca. Ebbene, la mia banca mi comunica che dal 12 ottobre prossimo il mio tasso d’interesse passerà dall’attuale 0,100% al più adeguato 0,025%.
Qui la comunicazione.

Istituzioni politiche, capacità d’esportazione, sistema bancario avanzato. Oramai la Svizzera ci fa un baffo!


giovedì 24 settembre 2009

L'odiosa contabilità fiscale

Ha scritto il ministro del­l’Economia, Giulio Tremonti: «La contabilità fiscale è dun­que diventata la forma moder­na, ma non per questo meno odiosa, delle antiche corvées. Tra il sistema attuale delle com­pliances sociali e quello antico fatto dalle corvées e dalle ga­bellari servitù medievali, le analogie sono impressionanti, così come gli effetti paralizzan­ti » («Lo Stato criminogeno», ed. Laterza).
L'imprenditore Giorgio Fidenato l'ha preso in parola.


venerdì 11 settembre 2009

Ricordo dell'11 settembre 2001



Keith Haring Grief and Mourning September 11, 2001

[ from the Official web site of the Keith Haring Foundation ]


mercoledì 2 settembre 2009

L'importante è uscirne bene

Non dalla crisi ma da un’estate non proprio entusiasmante.
Da venerdì ho ripreso ad acquistare il giornale ed a rileggere, in internet, gli editoriali ed i blog. Riprenderò a scrivere anche qualche post. Intendiamoci, come di consueto, niente di profondo o d’originale, ragionamenti piuttosto rozzi e argomenti poco interessanti, giusto con lo scopo di tenere in esercizio quei pochi miliardi di connessioni sinaptiche che mi sono rimaste, con l’obiettivo di mantenerle attive almeno fino al prossimo 31 agosto.

Qualcosa di quanto successo in questo mese -dato che ancora vedo, sento e parlo- mi è lo stesso giunto. Ad esempio, l’istituzione della “Tessera del Tifoso” che va ad aggiungersi alla proibizione di vendere i biglietti ai tifosi della squadra ospite per le partite dichiarate a rischio. Un padre di Genova si è lamentato, con una lettera ad un giornale, per non avere potuto portare il figlio di dieci anni a vedere Genoa-Sampdoria, perché a questi, residente ad Alessandria, in quanto tifoso esterno, non è stato venduto il biglietto.

Interessante anche la comparsa, nell’atrio di casa, pochi giorni fa, della “Targa identificativa dell’amministratore di condominio”, resa obbligatoria dal Comune di Bologna, con tanto di dati identificativi dell’amministratore e di codice fiscale del condominio stesso. La burocrazia non si stanca mai d’inventare nuovi lacci e laccioli.

Questi due provvedimenti mi ricordano le restrizioni ai viaggi, fuori il luogo di residenza, vigenti nell’ex Unione Sovietica e l’esistenza dei portieri-spia nei caseggiati. Fatto che fece scrivere a Michail Bulgakov in “Cuore di cane” « Fra tutti i proletari, i portinai sono la razza più abbietta, l'infima categoria: autentici rifiuti umani». Fortunatamente i nostri amministratori non sono proletari.

E’ singolare, poi, che il secondo provvedimento avvenga nel momento in cui il Comune di Bologna si trasferisce nella nuova sede di Piazza Liber Paradisus: morto un paradiso, se ne fa un altro.

Venendo all’attualità, sull’ultimo numero del Venerdì di Repubblica (1119) vedo un’inchiesta: «VITA. L’evoluzione in dieci mosse.
Il grande turbo è il sessoUn sistema geniale, e divertente, per accelerare l’evoluzione». Alla luce di quanto sopra, non si capisce perché Repubblica continui a mettere in croce un uomo che dovrebbe essere considerato un benemerito dell’evoluzione.
A meno che non si pretenda che il Presidente del Consiglio debba essere (o comportarsi come) un eunuco.
Bersani, Franceschini, e Marino soprattutto –anche se per il momento non corrono pericoli- sono avvertiti.

Sullo stesso Venerdì c’è un servizio sul romanzo storico «999. L’ultimo custode» di Carlo A. Martigli, sulla vita e sulla morte di Pico della Mirandola. Si ricorda che Papa Innocenzo VIII considerò eretiche 13 delle 900 tesi pubblicate da Pico, scritte col proposito di rivendicare un Dio unico e di unificare le tre religioni monoteiste. Il libro fu messo all’indice e bruciato.
Si ricorda anche che quel papa ebbe diversi figli. Uno dei quali si favoleggia che potesse essere Cristoforo Colombo. Correva l’anno 1487. Fosse vissuto in quei tempi Vittorio Feltri avrebbe scritto «da che pulpito viene la predica», ma sarebbe stato impiccato come autore di una pasquinata.


mercoledì 12 agosto 2009

Pausa feriale

...


sabato 25 luglio 2009

Il Superenalotto

Io non sono sano di mente. Almeno a dare ascolto al professor Piergiorgio Odifreddi, che considera tale chi perde un solo secondo con il Superenalotto (La Repubblica, 23 luglio 2009). Infatti, perdo il tempo occorrente per andare a giocare tre volte la settimana.
Sono anche sciocco perché credo nella dea bendata e perché mi sottopongo alla “tassa sulla stupidità” che lo Stato impone sui giochi. Bene che vada, se dovessi vincere 100 milioni sarò stato sciocco come Pascal che sosteneva che «conviene credere (nell’esistenza di Dio) perché c’è poco da perdere e molto da guadagnare».

Odifreddi sostiene che, se non impossibile, è altamente improbabile vincere il sei a causa degli oltre 622 milioni di combinazioni.
Il superenalotto consiste nell’indovinare la “combinazione semplice” di k numeri su n (con k<=n).

La formula generale è: C n,k = n (n-1) … (n-k+1) / k!
Nel caso del superenalotto: C 90,6 = 90 (90-1) ... (90 – 6 + 1) / 6!
C 90,6 = 90*89*88*87*86*85 / 6*5*4*3*2*1
C 90,6 = 448.282.533.600 / 720 = 622.614.630 (s.e.)

E’, comunque, tutto relativo: la probabilità calcolata sopra è immensamente più piccola della probabilità che tutte le molecole d’ossigeno, in una camera chiusa che misuri 4 x 4 x 3 metri, in un certo istante, vadano a radunarsi in un angolo delle dimensioni di 10 x 10 x10 cm.

Chi gioca non vuole per forza fare sei.
Si vincono discrete cifre anche con il cinque.
Nel 2009 ci sono già state –in sette mesi- 19 vincite con “5+”, per un importo di 15.736.755 euro equivalenti a circa 14 Premi Nobel.
Il Professore si dovrebbe convincere che è più facile incassare un milione giocando al superenalotto che concorrendo al Premio Nobel. Dovrebbe anche considerare queste vincite, da matematico e da ateo, come si dichiara, come una prova dell’esistenza della fortuna molto più concreta della prova ontologica d’Anselmo sull’esistenza di Dio.

* * * * * *
Oltre che sciocco e insano di mente, presento «un rapporto problematico con il gioco a rischio di trasformarsi in una vera e propria dipendenza»; addirittura potrei essere «coinvolto nella sua deriva patologica, cioè in una vera e propria dipendenza», come l’1-3% della popolazione.

E’ quanto sostiene l’avvocato Carlo Rienzi, fondatore del Codacons, che ha presentato un ricorso al tribunale di Roma e chiesto di congelare il jackpot del Superenalotto, al fine di arginare la pericolosissima febbre da gioco che sta investendo il nostro paese.

Io gioco al Superenalotto, tutti i mesi, 13 euro della mia pensione, a fronte dei 29 euro che spendo per la Repubblica (che leggo dalla fondazione … e di cui, però, da un pezzo non ascolto i “consigli per gli acquisti”). Escludo d’essere gioco-dipendente.
Perché dovrei vedermi ridurre il premio, se vinco?
Perché, di fronte alle percentuali delle vittime della strada o degli infortuni sul lavoro, Rienzi non chiede la chiusura delle autostrade il sabato e la domenica o l’abolizione del lavoro tout court?

Noi anziani, che non abbiamo più un avvenire davanti, abbiamo bisogno di qualche sogno. A volte, immaginiamo –bovaristicamente- di realizzare in poco tempo cose che non abbiamo fatto (o non siamo stati capaci di fare) in passato: le idee non mancano e una barca di soldi aiuterebbe.

Quel “rompiscatole” di Rienzi (come lui stesso si definisce nell’intestazione del suo blog) faccia il suo mestiere. Pensi ad ottenere, se ci riesce, una riduzione della tassa sulla stupidità. Oppure venga a Bologna ad interessarsi della
"bolletta dell'acqua" che sta diventando più pesante di quelle del gas, della luce e del telefono.


venerdì 24 luglio 2009

I furbi della maggioranza

Non si può non essere d’accordo con quanto scrive Filippo Facci su il Giornale.it di oggi (L’Espresso, Kamasutra a puntate):

«Detto questo, se di normalità vogliamo parlare, due paroline le meritano anche quei signori della maggioranza che credessero di fare i furbi e di ricominciare, a settembre, come se nulla fosse successo. Perché vedete, l’indecenza della campagna di Repubblica non significa che tutto tornerà come prima: sondaggi o non sondaggi. Per decoro, oltreché per non coprirsi di ridicolo, qualche folgorato governativo farà bene ad abbandonare certi toni moralistoidi e insomma a scordarsi di poter legiferare nuovamente sul nostro privato dopo che per mesi abbiamo difeso il privato di un uomo solo, pensando che quell’uomo eravamo tutti. La vita, la morte, le cure, il sesso, il privato: giù le mani da Silvio Berlusconi e giù le mani da tutti noi, altrimenti i pomodori non pioverebbero solo da sinistra».


lunedì 13 luglio 2009

La giunta comunale di Bologna 2009

Oggi ha luogo la prima riunione della nuova giunta comunale di Bologna.
E’ diventato Sindaco Flavio Delbono del PD, sfruttando una serie di circostanze favorevoli.

Innanzi tutto, l’esistenza del tradizionale zoccolo duro dell’ex Pci.

Il fatto che il Centrodestra si è presentato diviso alle elezioni.
O meglio, il veto della Lega Nord, ha impedito la presentazione dell’unica candidatura che poteva risultare vincente: quella prestigiosa di Giorgio Guazzaloca.

Delbono, al contrario, ha messo in campo un’unione di 5 partiti, che richiamava l’Unione di Prodi: Pd, Idv, Sinistra per Bologna (Sinistra democratica più Socialisti), Rifondazione-Comunisti italiani, Verdi e due liste civiche, Bologna al Centro e Bologna 2014.
Uniti si vince: qualche volta, se gli avversari sono divisi.

Il fatto che al ballottaggio hanno votato 43.273 elettori in meno.
Siccome Delbono ha preso gli stessi voti del primo turno, i casi sono due.
O gli elettori in meno al secondo turno erano tutti del centrodestra, oppure, una parte degli elettori di Guazzaloca, specificatamente quelli dell’Udc, è andata in soccorso di Delbono.

Riportiamo alcuni risultati che ci servono per i commenti. Per i dettagli vedere
qui i dati del Ministero dell'Interno

Comune di Bologna – Elezione del Sindaco

Primo turno
Elettori 305.086
Votanti 233.045 - 76,38%

FLAVIO DELBONO – 112.131 – 49,40%

PARTITO DEMOCRATICO - 85.183 - 39,93% - Seggi 24 – Assessori 5
DI PIETRO ITALIA DEI VALORI - 9.455 – 4,43% - Seggi 2 – Assessori 1
SINISTRA PER BOLOGNA – 4.553 – 2,13% - Seggi 1 – Assessori 1
RIFOND COM – SIN EUROPEA – COM ITALIANI – 3.902 – 1,82% - Seggi 1 – Assessori 0
LISTA CIVICA – BOLOGNA 2014 – 1.979 – 0,92% - Seggi 0 – Assessori 0
FED DEI VERDI – 1.830 – 0,85% - Seggi 0 – Assessori 0
LISTA CIVICA – BOLOGNA AL CENTRO – 879 – 0,41% - Seggi 0 – Assessori 0
TOTALE – 107.781 – 50,52%

TOTALE SEGGI 44 + 1 (quello del Sindaco) = 45
Maggioranza 23
Partito Democratico 25 seggi su 45

CAZZOLA ALFREDO – 66.058 – 29,10%

Altre liste che hanno ottenuto seggi:
IL POPOLO DELLA LIBERTA’ 6
LISTA CIVICA ALFREDO CAZZOLA 4
LEGA NORD 1
LISTA CIVICA GIORGIO GUAZZALOCA 4
LISTA CIVICA BEPPE GRILLO 1

TOTALE SEGGI 16

Ballottaggio
Votanti 189.772 – 62,20%

FLAVIO DELBONO – 112.667 – 60,67%
CAZZOLA ALFREDO – 73.020 – 39,32%

Alcune considerazioni
Soltanto 4 delle 7 liste che appoggiavano Delbono sono riuscite ad entrare in Consiglio.
Soltanto 9 delle 23 liste sulla scheda sono riuscite ad entrare in Consiglio
Più sono i partiti e meno sono i posti a concorso, maggiore è il numero dei partiti che rimangono esclusi dal Consiglio, a prescindere dal tipo di legge elettorale.
Ad esempio, quando si farà Area metropolitana, se il numero dei Consiglieri rimanesse invariato a 44, alzandosi il quoziente, si salverebbero meno delle 9 liste attuali. La gente, però –avendo potuto scegliere- sarebbe più contenta.

La legge per l’elezione diretta del Sindaco e del Presidente della Provincia è considerata la migliore esistente in Italia. Tuttavia presenta qualche contraddizione. Il candidato vincente diventa Sindaco e conquista un seggio in Consiglio; se un Consigliere eletto diventa Assessore deve dimettersi dal Consiglio e lasciare il posto al primo dei non eletti della sua lista. Così, tanto perché la Casta non ci rimetta.

LA FORMAZIONE DELLA GIUNTA
Subito, il nuovo Sindaco si è messo al lavoro per formare la squadra.
Avendo preso impegni e fatto delle promesse –prima delle elezioni- per mettere insieme la sua “unione”, ha dapprima iniziato una serie d’incontri per liberarsi dal pressing degli alleati e risolvere i consueti giochi ad incastro. «Sto lavorando, la squadra è praticamente fatta, si tratta di cesellarla».

In sei giorni è stato tutto un susseguirsi d’entrate e d’uscite, attraverso la “sliding door” (secondo l’efficace immagine della cronista di Repubblica). Un giorno entrava il Vicesindaco dell’Idv, quello dopo il vicesindaco del Pd. Il martedì alle nove, dentro Milena Naldi di Sinistra democratica, rimossa mezz’ora dopo dai Socialisti. Tranquilli e soddisfatti quelli del Prc-Pdci che, dopo un colloquio di circa quaranta minuti con il Sindaco, erano certi che una poltrona sarebbe toccata ad una donna del Pdci.
Il giovedì, Il Sindaco chiede al Pdci un nome diverso da quello di Stefania Ghedini, in prima fila nella battaglia delle Scuole Longhena (dove la maggioranza dei maestri –per protestare contro la reintroduzione del voto numerico- hanno promosso tutti con il DIECI), destinata all’Istruzione, ma che non piace alla Curia (con buona pace di Giorgio Bocca che vorrebbe si discutesse di più –durante le campagne elettorali- “sui persistenti condizionamenti delle religioni” – il Venerdì di Repubblica n.1112 del 10 luglio 2009).
L’ostacolo più ostico è il contrasto che il Sindaco ha col Segretario provinciale del Pd, De Maria, che, pensando probabilmente alle prossime elezioni regionali, vorrebbe che il Sindaco mantenesse gli impegni presi con l’Idv, con Sinistra democratica e con la Cgil.

Alla fine, venerdì 3 luglio, Delbono rompe gli indugi e, con perfetto tempismo, blocca la porta scorrevole nel momento in cui Socialisti, Pdci, Cgil ed anche il vicesindaco Idv sono fuori. Salva la poltrona soltanto Milena Naldi di Sinistra democratica.

“Molti silenzi, pochi applausi” titola Repubblica. Per la Cgil, la giunta nasce debole e al disotto delle necessità. Critici anche Prc e Socialisti. Rabbia dell’Idv per il patto pre-elettorale violato. Ma non più di tanto: non è stato forse Di Pietro il primo a violare un patto elettorale, di peso molto maggiore, quando -dopo le politiche- rifiutò di costituire un gruppo unico con il Pd?
L’unica critica non priva di fondamento è quella d’Alessandro Alberani della Cisl: «Lo spacchettamento (delle deleghe) mi lascia molto perplesso, credo sia una sfida che Delbono ha studiato e dietro mi auguro ci sia una strategia e un pensiero».
Da segnalare, infine, l’editoriale del Capo redattore di Repubblica, Aldo Balzanelli: «Una squadra LOW PROFILE ma alla città serve “HIGH”. Il travaglio della squadra di Delbono è stato lungo e tormentato. Gli ex DS, dopo aver ceduto agli ex Margheriti il vertice di Comune e Provincia, hanno presentato il conto e se lo sono fatti pagare salato».

La nuova giunta comunale di Bologna

Sindaco Flavio Delbono, PD, varie deleghe tra cui Sicurezza, Città metropolitana,Università, Integrazione socio sanitaria ed altre minori.

Vicesindaco Claudio Merighi, PD, Programmi di intervento afferenti ai Lavori pubblici e alla Comunicazione.

Maurizio Degli Esposti, PD, Politiche Urbanistiche e Pianificazione territoriale, Politiche ambientali, Politiche dello Sport

Luisa Lazzaroni, PD, Politiche per gli anziani, Rapporti con l’associazionismo ed il volontariato

Simona Lembi, PD, Politiche per l’infanzia, Scuola, Pari opportunità e Politiche di genere e delle differenze, Politiche per l’integrazione interculturale

Plinio Lenzi, Idv, Politiche del Lavoro, Commercio, Protezione civile

Nicoletta Mantovani, Indipendente, Politiche per la promozione culturale ed artistica, Politiche per i giovani

Milena Naldi, Sinistra Democratica, Politiche abitative e della Casa, Coordinamento Quartieri

Villiam Rossi, Indipendente (già Dirigente Agenzia delle Entrate), Politiche di Bilancio, Contabilità economica, Controllo di gestione, Entrate, Patrimonio, Personale, Partecipazioni societarie

Simonetta Saliera, PD, Politiche della Mobilità

Luciano Sita, Indipendente (già Presidente della Granarolo), Politiche delle Attività produttive e turistiche, Istituzioni e beni artistici e culturali, Città storica

Altre considerazioni a margine
La lista del Partito Democratico con i suoi 25 seggi su 45 realizza, a Bologna, la vocazione maggioritaria. I riformisti hanno la maggioranza assoluta. E’ l’occasione per dimostrare che, in cinque anni, tutti i problemi della città possono essere risolti.
Salvo che l’esito del Congresso del Pd, nel prossimo ottobre, non crei ulteriori ostacoli.
Soltanto l’affermarsi di un Segretario fuori degli schemi potrebbe tenere unito il partito. Perché non Alba Parietti che, non molto tempo fa, si è dichiarata disponibile?

Nel lasciare Bologna per Bruxelles, Sergio Cofferati dedica un pensiero speciale a Guazzaloca: «Per Giorgio ho sempre avuto, non l’ho mai nascosto, una simpatia personale. Gli ho telefonato per salutarlo». Guazzaloca: «E’ una simpatia reciproca».

Venerdì 26, il sindaco d’Imola, Daniele Manca, uno dei soci pubblici della multiutility, stronca l’ipotesi ventilata da “il Sole 24 ore” di un futuro a Hera di Guazzaloca. Il giorno dopo, è il coordinatore provinciale del Pdl a chiedere che sia il Sindaco a smentire la notizia. Il Sindaco non sente. Si tratta di smentire accordi sottobanco, in base ai quali la presidenza di Hera dovrebbe ricompensare Guazzaloca per il suo mancato appoggio ad Alfredo Cazzola nel ballottaggio disputato con Flavio Delbono. Da parte sua, Guazzaloca dichiara: «in tutta la mia vita non ho fatto un solo accordo sottobanco, con chicchessia».

Domenica 5 luglio, Luciano Sita, comunica le sue dimissioni da consigliere di Hera, per incompatibilità con l’incarico di assessore. Adesso, in quel Consiglio, c’è un posto libero.
Sarà il caso di riempirlo quanto prima. Con una personalità altrettanto autorevole.

Originale e anticipatore di futuri sorprendenti eventi, l’esordio, come Assessore alla Promozione culturale ed artistica, di Nicoletta Mantovani, qualche sera fa, al Cassero di porta Saragozza. Assieme a mezza giunta –c’erano gli assessori Luciano Sita, Milena Naldi, Simona Lembi ed i consiglieri Maurizio Cevenini (comune) e Virginio Merola (provincia) – e prestandosi volentieri al gioco, ha premiato la nuova Miss Alternative alla serata benefica dello storico circolo omosessuale.



venerdì 10 luglio 2009

Dal G8 al J8


Sguardi indiscreti. Lo scatto mostra il presidente Obama e il titolare dell'Eliseo prendere posto sul podio per la foto ufficiale dei leader accompagnati ciascuno dai ragazzi che hanno partecipato al J8, il summit dei giovani. Mentre i Grandi prendono posto, lo sguardo del numero uno della Casa Bianca sembra cadere "maliziosamente" o "involontariamente (chi può dirlo?) su una ragazza in tailleur. La bella è la 16enne delegata brasiliana al Junior8, Mayora Tavares.
(da il Giornale del 10 luglio 2009)


mercoledì 1 luglio 2009

L'innocenza dei sensi


Forse vi consiglio di uccidere i vostri sensi?
Io vi consiglio l’innocenza dei sensi.
Nietzsche, Così parlò Zaratustra.

Nel romanzo “Emmanuelle” di Emmanuelle Arsan
Tascabili Bonpiani ottobre 1990
Edizione speciale per i lettori dell’Espresso,

ci sono, in fondo a pagina 208, quattordici righe di raffinato erotismo, con le quali si potrebbe descrivere in modo verosimile anche quanto accadde, quella volta, nello Studio ovale, sul soffice tappeto blu con disegnata al centro l’aquila di mare testabianca, simbolo degli Stati Uniti.

«Protagonista del romanzo è un tipo di donna che rifugge dal ruolo di amante passiva, affidatole tradizionalmente da una società e da una cultura di stampo maschilista, e assume decisamente l’iniziativa. I romanzi dell’Arsan ebbero l’indiscutibile merito di mettere in discussione vecchi tabù sessuali sull’onda della generale rivoluzione dei costumi che segnò gli anni ’70».

A questa rivoluzione dette grandi e piccoli contributi anche l’Espresso che, oltre ad Emmanuelle diede in omaggio ai suoi lettori, nell’ottobre del 1990, altri classici dell’erotismo:

Storia di O di Pauline Réage
Il delta di Venere di Anaïs Nin
Ritorno a Roissy di Pauline Réage
Erosfera di Emanuelle Arsan.

Tutti romanzi scritti tra gli anni ‘40 e 70’. Proprio in quegli anni Marcel Achard osservava: «Les femmes se conduisent désormais comme les hommes. Ce qui m'étonne, c'est qu'elles en soient fières».
Sempre di Achard non ho mai dimenticato la battuta, sentita al Duse di Bologna nel 1962, da Ornella Vanoni che interpretava L’idiota : «meglio puttana da giovane che santa da vecchia».

* * * * *
Tutto questo per dire che, come non si può imputare soltanto all’Espresso ed alla Repubblica il merito o la colpa della rivoluzione dei costumi, così non si può addebitare ad un solo uomo “un improvviso” imbarbarimento degli stessi. Si è favoleggiato, in passato, di prestigiosi direttori d’orchestra che non salivano sul podio se prima non avevano consumato. E di famosi scrittori adusi a visitare qualsiasi Maison Tellier capitasse loro a tiro. Anche se trapela qualcosa, è sufficiente che la stampa non l’amplifichi, di modo che lo scandalo non accada, a meno che non si perseguano fini politici come è successo in questi giorni.
Circola tuttora in Internet, un’intervista fatta nel settembre ‘98 da Ezio Mauro a Gianni Agnelli ai tempi del caso Clinton.

Cosa doveva fare il presidente davanti ad un'accusa come quella che gli muoveva Starr?
«Non lo so. So però quel che fece Jefferson, quando mise tutti a tacere domandando: volete forse un eunuco alla Casa Bianca?… »
(Jefferson era quel tale che stilò la Dichiarazione d’Indipendenza del 1776 scrivendo nell’incipit che fra i diritti inalienabili degli uomini c’è la ricerca della Felicità).
Avvocato, tutto ciò in Europa non succede. Siamo più saggi o più ipocriti?

«Senza dubbio siamo diversi, anche se in Inghilterra ci sono stati scandali politico-sessuali. Ma è vero, la Francia non si è affatto scandalizzata per la figlia naturale di Mitterrand. Ed è certo meglio così. Vede, tutti dicono che Clinton aveva il dovere di comportarsi diversamente, ed è vero, o almeno di essere più prudente, ed è vero anche questo. Lui ne sta pagando il prezzo, che è salato. Ma questa storia, attraverso Clinton, ha mandato in pezzi per sempre il concetto di privacy e questo riguarda tutti noi. Perché, alla fine, dovremo farci una brutta domanda: che vita sarà mai, questa nostra vita sorvegliata, controllata e prudente?».

(Evidentemente, l’Avvocato sapeva già di essere continuamente intercettato).

* * * * * *
Anche “Ritorno a Roissy” (pagina 45) può richiamare le attuali vicende.
«….. ma appena la Citroen rallentò dopo aver costeggiato l’interminabile muro di un grande parco per fermarsi davanti ad una casa tutta ricoperta di vita vergine, lei finalmente capì: non poteva essere che l’entrata secondaria [del castello] di Roissy».

* * * * * *
Già, il castello, o il palazzo, o la villa.
Considerati i luoghi ideali dove tessere i rapporti diplomatici, i potenti hanno sempre cercato di possederne anche più di uno.
Nella storia un caso esemplare è quello di Francesco I d’Este.
Sovrano di un piccolo stato, fu considerato il più notevole principe italiano del tempo. Mentre regnava era in corso la guerra dei trent’anni. Parteggiò per la Spagna ma, ad un certo punto, arrivò a trescare con la Francia del Cardinale Mazarino, sempre allo scopo di consolidare ed eventualmente ampliare il suo piccolo stato.
Gli erano riconosciute ottime qualità che trovavano un limite, però, nella presunzione talora eccessiva del principe che ha troppa fiducia nelle sue capacità politiche e militari.

Gran mecenate, splendido sempre in tutto, si distingueva per la signorilità con cui donava.
«Volendo una residenza ufficiale veramente degna di un sovrano, chiamò l’architetto Bartolomeo Avanzini perchè mutasse il tetro castello medievale [di Modena] in un Palazzo sontuoso e ridente, ed allo stesso architetto affidò il compito della trasformazione dell’antica rocca di Sassuolo in una «Villa di delizie», che elesse come seconda residenza: quivi si riposava, nelle parentesi concessegli dalla sua intensa attività politica, e quivi accoglieva gli ospiti, che allietava con mille svaghi, tra cui, particolarmente allettanti, le partite di caccia».

Più o meno quello che fa SB a Palazzo Grazioli o nella sua “Villa di delizie” in Sardegna, dove gli svaghi sono quelli dei tempi che corrono (colpa anche degli ambientalisti, contrari alla caccia).

* * * * * *
Ancora la Réage in “Histoire d’O” (pagina 7)
«….. Ascolta, Egli dice. Ora sei pronta. Io ti lascio. Tu scendi e vai a suonare alla porta. Segui chi ti aprirà, fa’ qualsiasi cosa ti verrà ordinata. Se non entrerai immediatamente, ti costringeranno ad ubbidire. La tua borsetta? No, non hai più bisogno della tua borsetta. Sei soltanto la ragazza che io procuro. Sì, sì, io ci sarò. Va’».

Niente borsetta, niente telefonino galeotto e niente registratore. S’impara sempre qualcosa a leggere la buona letteratura.

* * * * * *
Al mondo ci sono SEI miliardi di persone, delle quali almeno DUE sessualmente attive, mediamente una volta la settimana, in tutte le ore del giorno. Vale a dire che, nel minuto che occorre per leggere questo post, almeno VENTICINQUEMILA persone [2miliardi / 52 settimane / 24 ore / 60 minuti] stanno facendo sesso. Ogni minuto che passa, senza soluzione di continuità.

La massima intensità –nella giornata- può essere immaginata come una giocosa, quanto invisibile «ola di grida appassionate e dolci sussurri» che percorre incessantemente l’orbe terracqueo, di meridiano in meridiano, da oriente ad occidente, regolata, secondo le diverse culture, da antiche consuetudini e tradizioni (senza bisogno di leggere il foglio illustrativo) e, ogni tanto in qualche luogo, da vani quanto stupidi tentativi d’arginare con leggi discutibili alcuni suoi aspetti. Responsabile, secondo i malthusiani, di un’insostenibile crescita della popolazione e, secondo gli ambientalisti, di una costante, consistente e dannosa emissione di CO2. Sciagurati! Almeno provate a farlo in apnea, qualche volta.

Ma è anche l’unico modo per garantire la conservazione della specie.

Ad eccezione dei casi dove è esercitata la violenza, fare sesso è il più spontaneo dei piaceri, il più vitale e il più innocente. Ovviamente, chiunque è libero di pensare che altro sia “il vero senso della vita”.

Certamente, pensare che vecchi e giovani lettori dell’Espresso possano scandalizzarsi dei potenti di turno che passano il loro tempo libero a disegnare farfalle, a fare docce gelate in compagnia di belle e innocenti ragazze (di 42 anni) o a sedurre giovani ma scafate stagiste lascia un po’ perplessi.
L’Espresso e la Repubblica hanno fatto grandi battaglie per difendere i diritti degli omosessuali ad esercitare liberamente le loro inclinazioni. Adesso si mettono a criticare le inclinazioni degli eterosessuali? Ma per favore… Nessuno dei primi -mi pare significativo- ha ancora speso una parola per chiedere le dimissioni del Premier per i suoi eccessi.

La Repubblica ha rinnovato, in questi giorni, le sue dieci domande al Premier.
Ma perché dovrebbe rispondere? Qualsiasi imputato può avvalersi della facoltà di non rispondere davanti al magistrato che lo interroga. Figurarsi davanti ai giornalisti. Ma questi lo chiedono in nome dell’opinione pubblica. Anche i magistrati interrogano in nome del popolo italiano. Sono in corso indagini: aspettiamo che salti fuori qualche reato e che i magistrati giudichino, prima di condannare.

Come andrà a finire? Secondo me, con un’applicazione su Facebook del tipo: «Tu, quali “nuove dieci domande a Berlusconi” sei?». Risposte scontate: sei Giuseppe D’Avanzo, sei un utilizzatore finale, sei Farinella prete, sei l’avvocato Ghedini, sei Barbara Montereale.

Ciò non toglie che agli uomini pubblici si addica, non maggior sobrietà, ma maggior riservatezza.



giovedì 25 giugno 2009

Buon lavoro al Sindaco di Bologna



Il sindaco, appena eletto, è Flavio Delbono


martedì 23 giugno 2009

Referendum: fallimento o ineluttabilità

Luca Ricolfi (su Panorama N.26 del 25 giugno 2009) ha calcolato che “il partito del disincanto”, al netto di quanti si astengono per forza maggiore, ammonta oramai a più del 30%. Considerando che alle elezioni europee del 7 giugno scorso (votanti 65,05%) il Pdl in termini di aventi diritto al voto ha ottenuto il 22,9% ed il Pd il 17%, si vede che il partito di chi sceglie di non andare a votare è il più grande di tutti, più o meno 15.000.000 di persone.
Chiamarlo partito è improprio. E’ piuttosto un serbatoio di voti congelati di gente schifata (spesso per sacrosante ragioni) dalla politica, che fa una scelta radicale e rinuncia alla maggiore espressione del diritto di cittadinanza: il voto.

Alle elezioni europee del 7 giugno scorso ha votato il 65,05% degli elettori.
La Lega Nord ha avuto il 10,20% dei voti espressi, cioè il 6,63% degli aventi diritto.
Il referendum, pertanto, è partito con un capitale massimo di possibili elettori del 58,87% di fronte al 50% più UNO necessari per raggiungere il Quorum.
A quelli della Lega Nord occorre aggiungere gli elettori convinti dal “Comitato amici della Costituzione per l’astensione al referendum”. Per quanti pochi siano stati (1%?) il tesoretto di cui potevano disporre i sostenitori del referendum era minore di un misero 7%.
La maggioranza degli elettori non fa certamente questi calcoli, ma in qualche misura li intuisce. Se aggiungiamo che si è scelta ad arte la data del primo giorno d’estate, non meraviglia che molti elettori si siano convinti dell’inutilità del loro voto fino al punto che neanche la loro metà (il 23%) si è recato ai seggi.

Con questo stato di cose i pifferai dell’astensione non hanno bisogno di nessun flauto magico, o mistico, per rendere nullo un referendum. E’ un esito ineluttabile e non un fallimento clamoroso come sostiene la Lega Nord.
E’ il meccanismo che non è più adeguato alla situazione italiana.
Supponiamo che per attraversare un incrocio occorrano quattro secondi: il verde del semaforo sarà fissato attorno a sei secondi. Se, per qualsiasi motivo, la strada fosse allargata tanto da comportare un tempo d’attraversamento di sei secondi, un assessore alla mobilità farebbe correttamente cambiare il tempo del verde ad otto secondi.
Chi è che dovrebbe adeguare il meccanismo del referendum per renderlo operante? Il Parlamento, ovvio. Ma il Parlamento è in mano ai partiti che se ne guardano bene dal farlo. Per i politici meno voce hanno gli elettori e meglio è. Si lascia alla gente il minimo di parola, quella appena sufficiente a tenere in vita il simulacro della sovranità del popolo attraverso elezioni ogni tot anni.
L’elettorato attivo rimane stretto fra il partito dell’astensione e la casta.

L’articolo 75 della Costituzione italiana che sancisce l’istituto del referendum rimane, comunque valido. Basterebbe una leggina di tre articoli per riportarlo a nuova vita:
1 - il quorum, stabilito di volta in volta dalla Corte Costituzionale, è uguale alla metà della percentuale dei votanti delle precedenti elezioni per la Camera dei deputati;
2 - la scheda è unica e riporta i quesiti dei diversi referendum in forma di semplici domande formulate dalla Corte Costituzionale;
3 - tutti i referendum si tengono nella giornata delle elezioni per la Camera dei deputati.


sabato 20 giugno 2009

Per il loro bene

Dunque, vediamo: Berlusconi non ci piace. E ci mancherebbe, dato quello che da sempre vomita contro i Magistrati. Ma neppure Franceschini ci piace. Era (è) un cattocomunista come Prodi, in fondo. Ma le folle per le piazze delle città italiane sono quelle di sostenitori dell’uno o dell’altro. Quindi, che vogliamo fare? Semplice: salviamo le manifestazioni come vibrante esempio di aspirazione alla democrazia (almeno pensiamo), ma ci dichiariamo schifati da ognuno dei due. E quindi, chi sono i veri manifestanti che dovremmo sostenere, se per ora nelle piazze ci sono solo quelli di Berlusconi e di Franceschini? Un terzo gruppo, un gruppo che sia autenticamente “liberale”. Bene, ma chi, esattamente?

Una terza via: gli esuli (magari quelli di noiseFromAmerika). D’accordo, ma se sul terreno non sono rappresentati che facciamo, li sosteniamo contro gli altri due, magari con una dichiarazione solenne di Obama, che per ciò stesso verrebbe preso per pazzo? Ricordate l’iracheno Ahmed Chalabi? Era perfetto per essere adorato dai wilsoniani di tutto il mondo. Esule, ribattezzato “il George Washington dell’Iraq” da quel gruppo di esagitati guidato da Perle, Frum e Wolfowitz. Lui era il vero “liberale”, su cui far convergere tutte le nostre speranze di rinascita democratica per l’Iraq del dopo-tirannide. Sfortunatamente, al momento di deporre nell’urna le prime schede libere, gli iracheni non se lo filarono manco de pezza, e il nostro George Washington di Mesopotamia cadde rapidamente in disgrazia anche agli occhi del Dipartimento di Stato. Capita, quando ci si ostina a non comprendere che non tutto il mondo la pensa come noi. E quindi, che dobbiamo fare con ’sti benedetti italiani? Beh, per prima cosa accusiamo Obama, che non c’entra una mazza con quanto è accaduto e sta accadendo (malgrado gli Stati Uniti siano notoriamente onnipotenti sulla terra e riescano ad ottenere sempre ciò che vogliono) perché, nell’ordine:

1 - Non si è preventivamente pronunciato contro l’antidemocratico Berlusconi;
2 - Non si è preventivamente pronunciato a favore dell’antidemocratico Franceschini;
3 - Non si è successivamente pronunciato contro l’antidemocratico Franceschini;
4 - Ha pronunciato parole di odiosa “equi-lontananza” dai due competitor;
5 - Non capisce il popolo italiano, probabilmente perché “usa strumenti di analisi realista”, qualunque cosa ciò significhi;
6 - Non ha ancora trovato un Ahmed Chalabi da designare “George Washington di Roma” per tentare di fargli prendere lo zero virgola qualcosa per cento di voti, ma che almeno sia “liberale”, come da esami del sangue fatti a Foggy Bottom, Langley e dintorni;
7 - Sta osservando il progressivo logoramento del regime senza essere ancora intervenuto per ricompattarlo provvidenzialmente;
8 - Non ha ancora bombardato gli italiani. Per il loro bene, s’intende.

E poi? Poi vedremo, un banner non si nega a nessuno.

Chiedo scusa a Phastidio per l’arbitraria parafrasi ed ai redattori di nFA per il gratuito accostamento.
Mi rendo conto che le due situazioni sono diverse e che il paragone è alquanto forzato (almeno fino alla vittoria del SI nel referendum e fino a quando qualche ministro di questo governo non si metta in testa che anche l’Italia dovrebbe dotarsi dell’atomica).
Era solo per far capire che tutto il mondo è paese.


Qui il post originale: Per il loro bene by Phastidio
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venerdì 19 giugno 2009

I tre referendum elettorali del 21 giugno - 2

Anche questa mattina, ad Omnibus, si è continuato a parlare dei tre modi di votare: SI, NO, ASTENSIONE, trascurando di parlare del quarto modo possibile, l’ANNULLAMENTO DELLA SCHEDA.

Io posso capire il SI dei sostenitori del bipartitismo, che riceverebbe un potente avallo dalla vittoria del SI. Anche se ci sono fautori di bipartitismi diversi: ad esempio i Radicali che lo vorrebbero basato sui collegi uninominali all’inglese e che, per questo invitano a votare NO.

Mi sembrano invece prive di forza tutte le altre motivazioni:
- votare SI per costringere il Parlamento a cambiare la legge elettorale (posizione ufficiale del PD),
- votare NO perché ne uscirebbe una porcata rafforzata che consegnerebbe il Paese a Berlusconi per i prossimi vent’anni (Ferrero di Rifondazione),
- astenersi, cioè far fallire il referendum (Comitato per l’Astensione) per non peggiorare la porcata e per non “santificare” il NO, che congelerebbe la legge in vigore (ma anche non raggiungere il quorum “santificherebbe" il NO).

Chi invece crede che il bipartitismo non sia il toccasana per risolvere i guai che affliggono il Paese, chi pensa che si troverebbe a disagio per dover scegliere l’uno o l’altro contenitore, chi pensa che la rappresentanza politica non possa escludere nessuna parte, anche se piccola, chi desidera che sia ripristinato il voto di preferenza, chi vuole fare pressione per cambiare la legge elettorale, chi desidera un’evoluzione verso un maggior tasso di democrazia diretta, chi vuole salvare l’istituto del referendum, non può che recarsi a votare per cercare di raggiungere il quorum ed annullare la scheda per evitare che la vittoria del SI o del NO congeli la porcata e la super porcata per gli anni a venire.


giovedì 18 giugno 2009

Il ballottaggio a Bologna

Domenica ci sarà il ballottaggio tra il gentiluomo Flavio Delbono e lo spietato Alfredo Cazzola. Pesanti gli scambi d’accuse tra i due.
Mai una campagna amministrativa ha dato tanto lavoro ad una Procura della Repubblica.
In mezzo ci sono gli elettori che, rapiti –quelli del nocciolo duro- dai bei discorsi politicamente corretti dei loro campioni, difficilmente si rendono conto che le elezioni si fanno per accaparrarsi il potere e fare affari. Il loro compito è solo di consegnare la “matta” ad uno dei due contendenti, poi zitti per altri cinque anni: è la partecipazione, bellezza!
Gli affari sono Romilia, chi costruisce il Civis o il Metrò (se i privati o le cooperative), chi gestisce la multiutility ecc. … mentre tutto, per i cittadini, continua come prima con le cose più antipatiche: strisce blu a pagamento dappertutto, Rita, Sirio, bollette dell’acqua che aumentano quando, invece, la luce ed il gas diminuiscono, Bollini Blu, targhe alterne, divieti di circolazione.

Mentre Delbono davanti alle accuse dell’avversario s’indigna, Cazzola si lamenta di essere stato lasciato solo. Quelli del Pdl non lo difendono e Berlusconi non si farà né vedere, né sentire.
Se nel 1999 fu il centrosinistra a sbagliare cavallo, temo che nel 2009 sia stato il centrodestra.
Giorgio Guazzaloca avrebbe avuto molte più probabilità di battere Delbono, che a questo punto vincerà con almeno il 58%.


martedì 16 giugno 2009

I tre referendum elettorali del 21 giugno 2009

E’ opinione diffusa che ai tre referendum del 21 giugno 2009 il quorum non sarà raggiunto, che, anche nel caso vinca il SI, le conseguenze saranno assai limitate e che, dopo il voto, difficilmente si troverà una maggioranza per una nuova legge elettorale.
Vale la pena, comunque, di confrontare le varie opinioni che, in questi giorni, si sono espresse.
Ci limitiamo ai primi due quesiti che mirano ad eliminare il premio di coalizione per sostituirlo col premio di lista.
Le posizioni assunte sono trasversali. Si possono trovare sostenitori del SI o del No nello stesso schieramento. Così come numerosi sono i pifferai dell’astensione, già all’opera per cercare di superare la storica impresa del Cardinale Ruini.

Gli intenti dei promotori
1 - Ridurre la frammentazione partitica
2 - Superare le coalizioni e avviare il bipartitismo
3 - Fare pressioni sul Parlamento per cambiare la legge elettorale

Secondo alcuni commentatori le coalizioni sono un problema già superato, secondo altri è inutile illudersi che la legge elettorale possa essere cambiata.

Ha scritto
Luciano Violante : «Ora, però, il superamento di quel tipo di coalizioni è avvenuto per via politica. Nel 2008 Veltroni, con coraggio, si coalizzò con la sola Idv e Berlusconi lo seguì stringendo un patto solo con la Lega. E' difficile pensare che si possa tornare alle carovane di un tempo: i primi a ribellarsi sarebbero gli elettori. Perciò, guadagnati per via politica i vantaggi che si volevano conseguire attraverso il referendum, bisogna fare i conti con i danni». (Luciano Violante, Un rischio la vittoria del sì, La Stampa, 16 aprile 2009).

Ha scritto
Angelo Panebianco: «Ma, si obietterà: alle ultime elezioni, nonostante la leg­ge in vigore, la frammentazione partitica è stata drasticamente ridotta. E’ vero ma la causa è sta­ta esclusivamente una decisione politica: la scel­ta di Walter Veltroni di sbarazzarsi dell'antica co­alizione di centrosinistra e di puntare sul «parti­to a vocazione maggioritaria» (Angelo Panebianco, Referendum, antidoto ai troppi partiti, Corriere della Sera, 13 giugno 2009).

Ha scritto
Sandro Brusco: «Io ho sostenuto i referendum elettorali con l'obiettivo di stimolare l'iniziativa parlamentare per un cambiamento della legge elettorale. Credo questo fosse l'obiettivo principale per molti altri, nel movimento referendario. L'obiettivo è già fallito, indipendentemente da quale sarà l'esito del referendum. Davamo tutti per scontato che i nostri politici non avrebbero discusso la legge elettorale senza uno stimolo esterno. Era meno ovvio che avrebbero fatto carte false per non discuterla anche in presenza del referendum. …..
Quindi, l'obiettivo principale del referendum è fallito, e nemmeno c'è da illudersi che una vittoria del SI condurrà a una riforma successiva. La domanda che resta da porsi quindi è: qual è il male minore, il porcellum attuale o il porcellum con rossetto che uscirebbe dai referendum?»
(Sandro Brusco, Referendum elettorali: perché voterò SI, FLG-NoisefromAmerika, 17 maggio 2009).

Per Violante occorre ora limitare i danni, per Panebianco completare l’opera per scongiurare la frammentazione partitica, per Brusco scegliere il male minore.

I quattro modi di votare:
1 - Votare SI
2 - Votare NO
3 - Non andare al seggio oppure (nel caso dei ballottaggi amministrativi) non ritirare la scheda
4 - Votare scheda bianca od annullarla


Perché votare SI
Il Comitato Promotore
, ovviamente, per conseguire gli obiettivi prefissati.

Sofia Ventura,
Referendum, dieci motivi per il SI, Libertiamo.it, 13 giugno 2009.
La collaboratrice di Libertiamo.it e di Fare Futuro elenca dieci punti a favore del SI:
1 - Rendere Pdl e Pd non ricattabili da Lega e Idv,
2 - Permettere a Pdl o Pd di governare da solo,
3 - Costruire due grandi contenitori caratterizzati da solidi patti federativi,
4 - Perché il referendum è l’unico modo per cambiare la legge,
5 - Consolidare l’attuale bipolarismo e impedire il ritorno della frammentazione,
6 - Impedire la “scelta” di candidati attraverso le rinunce “strategiche” dei pluri-eletti,
7 - Per non delegittimare l’istituto del referendum,
8 - Reagire ai pifferai dell’astensione,
9 - Fare intendere alle oligarchie dei partiti che i cittadini “capiscono benissimo”
10 - Perché la libertà è “partecipazione”.

Ha scritto Panebianco: «Ma ora Veltroni è fuori gioco e anche il partito a vocazione maggioritaria è stato messo in soffitta. Alle prossime elezioni il Partito democratico tornerà, presumibilmente, a una più tradiziona­le politica delle alleanze (ed è plausibile che, per diretta conseguenza, si manifestino tendenze di­sgregative anche a destra). La legge elettorale in vigore tornerà allora a sviluppare le sue letali tossine, alimenterà di nuovo la frammentazione partitica. Se non si fa qualcosa (e l'unico «qual­cosa » possibile è, al momento, il referendum) il sistema politico italiano sarà di nuovo tra pochi anni, come è stato negli ultimi decenni (fino al 2008), il più frammentato dell'Europa occidenta­le».

Dopo avere esaminato le conseguenze di una vittoria del SI e concluso che «la distinzione tra ''coalizione di liste elettorali'' e ''lista elettorale'' è alla fine assai meno netta di quel che può apparire a prima vista, per l'elementare ragione che i partiti rivedono la propria strategia elettorale a seconda della legge» … ed aver dimostrato che Berlusconi non otterrebbe più potere, perché non sarebbe sicuro di vincere se corresse da solo, ma sarebbe costretto a presentare una lista unica assieme alla Lega (una “bicicletta”), per superare le “biciclette” o i “tricicli” messi in campo dallo schieramento avverso, Brusco ha scritto:
«Visto che alla fine non cambia molto, perché votare SI? Per quel che mi riguarda, per due ragioni.
La prima è che è bene sfrondare i partitini, e questo è un risultato che con il referendum si otterrebbe. Nella lunga tradizione proporzionalista italiana si è vista una lunga sfilza di partitini la cui unica funzione era regalare una fettina di potere a politici normalmente di scarso livello. Il PdCI di Diliberto, l'UDEUR di Mastella e il MpA di Lombardo sono solo alcuni tra gli esempi recenti. Questi partitini fanno danni, aumentano la conflittualità nei governi unicamente per ragione di visibilità e per accrescere le rendite dei loro dirigenti, e non apportano nulla di utile in termine di idee. È bene che scompaiano. È vero, i partitini non sono il problema principale della politica italiana, sono solo un problema minore. Ma visto che c'è l'occasione per dar loro un colpo è bene usarla.
La seconda ragione è che è bene che i politici continuino ad aver paura dei referendum. Si tratta di iniziative che normalmente sono al di fuori del loro controllo e che possono essere usate per fare pressione. Certo, è un'arma spuntata. Il referendum è solo abrogativo, quindi il suo scopo è limitato. In questo caso, per esempio, si è solo potuto lavorare di fino per produrre un porcellum con il rossetto, anziché proporre un sistema maggioritario. Inoltre i risultati referendari possono essere facilmente aggirati o ignorati, come è accaduto con i referendum sulla privatizzazione Rai o sul ministero dell'agricoltura. Lo stesso, un'arma spuntata è meglio di nessuna arma. Una vittoria del SI, dopo una lunga serie di referendum andati ''buchi'' per mancanza di quorum, servirebbe a dare l'avviso alla casta che i cittadini non sono totalmente inermi.
Non è molto, lo so. Ma, ripeto, poco è meglio che niente».

Perché votare NO
Ha scritto Violante: «Già oggi non gli elettori, ma i capi dei partiti, caso unico nel mondo avanzato, hanno il potere di scegliere i componenti del Parlamento. Il referendum conferma questa loro prerogativa e anzi la potenzia perché mette nelle mani di un solo uomo, il capo del partito vincente, chiunque esso sia, la scelta della maggioranza assoluta dei parlamentari. ..…
Il Parlamento diventerebbe una protesi del governo, anzi del presidente del Consiglio, chiunque esso sia. ..…
Il bipartitismo non è una bestemmia, ma esige un sistema elettorale che dia ai cittadini la possibilità di scegliere i propri parlamentari e regole democratiche in tutti i principali partiti. Queste condizioni oggi non ci sono e pertanto il bipartitismo che verrebbe fuori dal referendum consoliderebbe in realtà le attuali oligarchie».

Alessandro Marchetti su Libertiamo.it avanza due obiezioni: «Sofia Ventura sostiene (al punto 3): “Con il nuovo sistema per garantirsi la vittoria il Pdl dovrebbe comunque costruire accordi con le varie componenti che si riconoscono nel centrodestra e la prospettiva sarebbe allora quella di un grande contenitore, magari caratterizzato da solidi patti federativi (es. Cdu-Csu), necessariamente più plurale e democratico”. Ma non è lo stesso? Se l’intenzione del comitato referendario è quella di evitare di assegnare il premio di maggioranza alla coalizione di partiti, secondo la logica di cui sopra le coalizioni uscirebbero dalla porta e rientrerebbero dalla finestra. ….
La seconda domanda rientra nella dimensione dell’opportunità politica di uno voto favorevole: c’è il rischio, qualora dalle urne uscisse una vittoria dei sì, che i principali partiti spingano, come le esperienze precedenti ci insegnano, affinché si vada ad elezioni anticipate? ….. In questo senso già Gianfranco Rotondi, che è ministro del Governo Berlusconi, si è espresso in modo netto: «Recependo il quesito referendario, la correzione (alla legge elettorale attuale, nda) avverrebbe nel giro di poche settimane e fatta la Finanziaria si potrebbe tornare al voto nel 2010». ….. (Rotondi) è in grado persino di ipotizzare cosa accadrebbe nel centrodestra in caso di vittoria del Si: «Resta questa legge con l’emendamento referendario. E al massimo si farà qualche correzione per permettere alla Lega e all’Udc di non patire un danno nel caso in cui facciano scelte che le escludono dal premio di maggioranza». Dunque, comunque vada, tutti in barca. Nanetti ed estremisti inclusi» (Alessandro Marchetti, Una replica a Ventura da uno che vota no, ma vota,Libertiamo.it, 13 giugno 2009).

Perché astenersi
Il Comitato amici della Costituzione per l'astensione al referendum (promotori Stefano Passigli, Franco Bassanini e l'Udc Bruno Tabacci ) invita a disertare il voto o a non ritirare la scheda in caso di ballottaggio perché il sì non cancellerebbe il porcellum, anzi rischierebbe, «se possibile», di peggiorarlo, e con il premio di maggioranza trasformerebbe una minoranza in maggioranza «incrinando i principi della democrazia rappresentativa».
Mentre, se vincesse il NO, l’attuale legge verrebbe “santificata” dal voto degli elettori, il che impedirebbe per sempre di cambiarla con una nuova.

Perché votare ed annullare la scheda
1 - Per affermare che il porcellum attuale (se vincesse il NO) o quello corretto (se vincesse il SI) sono comunque inaccettabili,
2 - Per impedire lo scioglimento del parlamento dopo un’eventuale vittoria del SI,
3 - Per chiedere una nuova legge elettorale, magari scrivendolo sulla scheda,
4 - Per salvare l’istituto del referendum.

In difesa dell’istituto del referendum
Ha scritto
Michele Ainis: «… dietro le quinte del referendum elettorale … c’è … una partita istituzionale … importante … eppure nessuno ci fa caso. Qui la posta in gioco non tocca gli equilibri interni di partiti e coalizioni, non tocca nemmeno la fisionomia della legge elettorale. No, il responso delle urne deciderà la sopravvivenza stessa del referendum, della seconda scheda che i costituenti posero in mano agli italiani. Dal 1997 in poi abbiamo consumato 21 referendum, ma hanno fatto cilecca l’uno dopo l’altro. Niente quorum, niente messa nella chiesa vuota di fedeli. Se adesso si ripeterà la diserzione, la prossima messa servirà per celebrare un funerale, quello dell’unico strumento di democrazia diretta contemplato nel nostro ordinamento. ….. Potremmo domandarci quale istinto masochista ci spinga a rinunziarvi, quando lo strumento ottiene viceversa un successo crescente in tutto il mondo (dei circa 1.500 referendum fin qui celebrati a livello nazionale, oltre la metà si è svolta negli ultimi 25 anni). Quando nel Regno Unito Gordon Brown sta per indirne uno allo scopo di far scegliere ai suoi concittadini la nuova legge elettorale».
Ainis censura, soprattutto, i pifferai dell’astensione:«Insomma se il singolo elettore - pur non offrendo certo un esempio di civismo - può disertare il voto, chi organizza l’astensione si pone al di fuori della legalità costituita. Eppure gli appelli non si contano, dalla Lega al Comitato per l’astensione (dove ahimé spicca un corteo d’intellettuali)» (Michele Ainis,Referendum al capolinea, La Stampa, 13 giugno 2009).

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Guida ai referendum


giovedì 11 giugno 2009

Nato sotto il segno della Radiomarelli

Dal 1930 al 1940 ci fu un gran fervore di studi intorno alla radiotelegrafia in Italia, che poteva contare su scienziati di livello internazionale. Continuava i suoi esperimenti Guglielmo Marconi. A Torino era in piena attività il Laboratorio Ricerche dell’EIAR. Al Regio Istituto Elettrotecnico e delle Comunicazioni dell’Accademia Navale di Livorno, il professor Ugo Tiberio –dopo uno stop and go imposto dall’ottusità di chi decideva- realizzava il radar Gufo per la Marina Militare.
La società milanese SAFAR, diretta dall’ingegner Arturo V. Castellani, produceva –in anticipo sui tempi- piccole serie di televisori a scansione meccanica, basata sul disco di Nipkow.

Un’altra azienda che entrò nel settore fu la Fabbrica Italiana Magneti Marelli.
La FIMM, negli anni 20 e 30 era partner, per l’Europa, dell’americana Bosch Magneto Corporation nel settore della componentistica per auto. Quando la Bosch, nel 1925 iniziò la produzione di radio, creando la divisione American Bosch Radio, la Marelli dapprima ne distribuì i prodotti in Italia poi, nel 1929, si mise in proprio e fondò la Radiomarelli. Più tardi, per ovviare ai dazi e alle tasse che gravavano sulle valvole, fondò la FIVRE (Fabbrica Italiana Valvole Radio Elettriche).

All’interno della Magneti Marelli fu creato il Laboratorio Centrale Radio che, intorno alla metà degli anni trenta, oltre alle apparecchiature riceventi, si dedicò allo studio dei mezzi di diffusione del segnale. Francesco Vecchiacchi, già allievo e collaboratore di Giancarlo Vallauri, è considerato il pioniere dei ponti radio. Sotto la sua direzione, fu progettata e realizzata la prima campata del ponte ad onde corte Milano-Monte Cimone, tratta prolungata poi fino al Terminillo e quindi a Roma. Il ponte, dopo la fine della guerra, fu rimesso in efficienza, ampliato e migliorato tanto da far "passare" ben sette comunicazioni telefoniche simultanee.

* * * * * *
Ho raccolto queste essenziali notizie perché, qualche giorno fa, ho ritrovato in fondo ad un cassetto alcuni vecchi documenti della radio che conservo ancora, come un cimelio, in un angolo della sala.
L’apparecchio fu acquistato da mio padre il capodanno del 1934, esattamente 67 giorni prima della mia nascita, nella bottega di Vasco Bettelli, sotto i portici di Piazza Piccola a Sassuolo, alla sinistra guardando il Campanone.
Il core business della ditta era, allora, “elettricità, idraulica, termosifoni”. Per questo considerò naturale estendere la vendita a queste nuove meraviglie della tecnologia.


Il modello è il Damayante della Radiomarelli (cliccare sulla foto per vedere le altre immagini).
Nei primi tempi l’altoparlante era esterno alla radio. Quando si decise d’incorporarlo, il mobile della radio assunse la forma di una consolle: anche la Damayante aveva questa struttura, così come l’aveva il modello Bosch 48 degli americani. Come si può vedere, però, nella Damayante risalta già il design italiano.

* * * * * *
La radio, secondo i miei ricordi da bambino, era stata posta accanto ad una finestra nell’ampio locale dove di giorno si viveva, di fianco alla parete dove si trovava la cucina economica.
Immagino che possedere la radio in quegli anni desse le stesse sensazioni che si è provato, in seguito, con l’avvento della televisione e d’internet oggi.
Si potevano ascoltare, comodamente in casa, le canzonette del Trio Lescano e d’Alberto Rabagliati, le puntate dei Quattro moschettieri di Nizza e Morbelli, il giornale radio e, soprattutto, i concerti sinfonici e le opere liriche. Mio padre era un appassionato melomane (assieme alla mamma, era solito frequentare “le stagioni” del Comunale di Reggio o di quello di Modena). Nella libreria, assieme alla Divina Commedia illustrata da Gustavo Dorè e alle pubblicazioni del Touring Club Italiano, aveva collezionato, disposti in bell’ordine, circa duecento libretti d’opera, per lo più editi da Ricordi.
A partire dal 1940 l’ascolto di Radio Londra, in seconda serata, divenne per tanti italiani un seguitissimo approfondimento del giornale radio.
Fu soltanto nei primi anni del dopoguerra che io presi piena coscienza della presenza della radio: le mie trasmissioni preferite erano Botta e Risposta, condotta da Silvio Gigli, e i concerti di musica leggera con l’orchestra di Pippo Barzizza.

* * * * * *
Avrò avuto dodici anni quando, volendo sapere come funzionasse quella scatola magica, andai a leggere tutti i capitoli del “Libro delle invenzioni” sull’Enciclopedia dei Ragazzi Mondadori, senza però riuscire a soddisfare la mia curiosità. Fu anche per questo motivo che, dopo il liceo, m’iscrissi ad Elettrotecnica Correnti Deboli che comprendeva i corsi di Radiotecnica e di Telecomunicazioni.
Terminati gli studi, dopo aver risposto a diversi annunci del Corriere ed aver affrontato alcuni colloqui, mi ritrovai a lavorare, negli anni sessanta, in un’azienda di telecomunicazioni di Cassina de’ Pecchi.
Si trattava della GTE Italia, sussidiaria dell’americana General Telephon and Electronics che aveva acquisito la Divisione Ponti Radio della Magneti Marelli continuandone l’attività.

Nell’ambito del Laboratorio Centralizzato “Francesco Vecchiacchi” fui inserito, ultima ruota del carro, nel gruppo che lavorava al progetto del “paramp” cioè dell’“amplificatore parametrico” impiegato per ricevere il segnale proveniente dai satelliti di telecomunicazione. Caratteristica rilevante: per aumentare il rapporto segnale-disturbi il paramp era tenuto al freddo all’interno di un contenitore pieno d’azoto liquido. I primi esemplari furono installati presso la stazione Telespazio nella conca del Fucino (per telecomunicazioni civili), ma anche presso le basi militari degli americani, situate lungo il tropico del Cancro (ad es. in Birmania), che spiavano l’Unione Sovietica.

* * * * * *
Nel 1934 la Damayante costò milleseicento lire. Oggi un televisore LCD 40” Full HD, con digitale terrestre incorporato, costa intorno a 1500 euro. Se è vero che lo stipendio medio di un comune mortale ammontava, a quei tempi, a circa 300 lire, ne consegue che, mentre la TV oggi costa circa uno stipendio e mezzo di un lavoratore precario, allora occorrevano più di cinque stipendi per la radio.
Negli anni trenta non esisteva l’IVA: sulle ricevute soltanto marche da bollo da venti e cinquanta centesimi. Chissà come faceva il Duce a far quadrare i conti senza incassare l’Iva? Forse tenendo accesa la luce del suo ufficio per tutta la notte.

Può sembrare che, allora, la vita fosse più cara. L’esempio della radio non è però il più appropriato: nel ‘34 gli abbonati alla radio in Italia erano solo 300.000 contro i 4 milioni della Gran Bretagna. In genere, una famiglia riusciva a vivere contando soltanto sul reddito dell’uomo, mentre la donna curava la casa (lavorando almeno quanto l’uomo o di più). L’organizzazione domestica se n’avvantaggiava e la vita era meno stressante. Oggi una famiglia, per tirare avanti, deve avere due stipendi: è vero che la donna “si realizza”, ma non è libera di scegliere se farlo o no.

Negli anni 30, le necessità erano diverse e lo erano anche i consumi. Nella mia famiglia, ad esempio, non si andava in ferie ma, tutti gli anni, si faceva il vino e s’ingrassava il maiale.
In autunno –ed era una gran festa- nel cortile di casa arrivavano i contadini con i loro carri, si pigiava l’uva e si metteva il vino a fermentare in due grossi tini (uno per il bianco, l’altro per il rosso) posti in cantina. Poi, con la luna giusta s’imbottigliava. Con l’occasione si rimboccava con nuovo mosto cotto la botticella più grande dell’aceto balsamico, dalla quale era stato spillata una parte del prodotto per passarla, in successione, nelle botticelle più piccole.
Un’altra festa era quando si uccideva e lavorava il maiale per ricavarne prosciutti e salumi vari.
Il vino si beveva (a noi bambini era concesso assaggiarlo), ad esempio, mangiando prosciutto affettato a mano accompagnato dallo gnocco fritto o dalle strie. Un’alternativa ai salumi era un patriottico insalatone tricolore: peperone verde, cipolla e pomodoro. La vigilia di Natale, il mattino, si apriva la spongata di Brescello e, a cena si mangiava il risotto con la trifola. Agli ospiti si offriva nocino e sassolino. Mio padre praticava anche la caccia (possedeva due doppiette). Nella camera buia che fungeva da dispensa c’era sempre una scorta di bottiglie d’olio d’oliva (acquistato da una rinomata azienda ligure), sacchi di pasta, sacchetti di sfoglia all’uovo tirata a mano da mia madre, farina, zucchero, caffè …

A cambiarci la vita furono lo scoppio della guerra ed il trasferimento a Bologna, dove la mamma, rimasta vedova, aveva trovato un impiego. Niente più vino: non c’era più il cortile con le aiuole di fiori e neppure la gran cantina col soffitto a volte. Niente più maiali da ingrassare. Vendute le doppiette Beretta. Interrotto, al settimo anno mi pare, l’invecchiamento dell’aceto balsamico: non c’era più il solaio.
Le scorte residue –diventate clandestine, perché considerate accaparramento- alleviarono la fame del terribile 1942.
Ci era rimasta la Radiomarelli.

* * * * * *
Un giorno imprecisato, sicuramente quando il caffè al bar costava 30 lire, vendetti i libretti d’opera a 35 lire l’uno al mio amico Paolo, appassionato d’opera lirica, che lavorava alla Weber. Oggi quest’azienda non costruisce più carburatori (sette milioni quelli prodotti nel 1992), ma centraline elettroniche per auto, dopo essere stata acquisita … da chi? Dalla Magneti Marelli. Lo stabilimento si trova a cento metri da casa mia.


martedì 9 giugno 2009

Risultati comunali 2009 a Bologna

Alle quattro della notte arriva il verdetto: è ballottaggio tra Delbono e Cazzola.
Determinanti i voti dei quartieri Colli e Santo Stefano, scrutinati per ultimi come se si volesse esorcizzare l’esito infausto. Questi i risultati:

Candidato Voti % Voti liste collegate %

Flavio Delbono 112.131 49,40 107.781 50,52

Alfredo Cazzola 66.058 29,10 61.206 28,69

Giorgio Guazzaloca 28.785 12,68 26.022 12,20

Giovanni Favia (lista Beppe Grillo) 7.428 3,27 6.821 3,20

Gianfranco Pasquino 4.448 1,96 3.779 1,77

Valerio Monteventi 3.625 1,61 3.553 1,67

Giuseppina Tedde 1.086 0,48

Michele Terra 897 0,40

Massimiliano Mazzanti 728 0,32

Stefano Morselli 598 0,26


Giulio Tam 435 0,20

Leonardo Tucci 414 0,18

Michele Laganà 314 0,14


lunedì 8 giugno 2009

Risultati europee 2009 a Bologna

Il Partito democratico a Bologna va poco oltre il 40%, con una perdita di oltre 9 punti rispetto al voto alla Camera dei deputati del 2008.
Il Popolo della libertà è fermo al 27%, confermando il voto delle politiche.
L’Italia dei Valori vola quasi all’8,8%.
La lista Pannella-Bonino sfonda il 5%.
In aumento anche la Lega Nord al 5,9%
L’Unione di centro al 4,4%.
Sotto la soglia del 4% tutte le altre formazioni.

Questo il quadro generale del responso delle urne nel Comune di Bologna, secondo i dati definitivi delle elezioni per il Parlamento europeo resi noti dal ministero dell’Interno su internet (elezioni2009.interno.it), con il totale delle 449 sezioni scrutinate.

Se questi risultati si confermassero anche per le comunali, si aprirebbe la possibilità del ballottaggio.
Pd più IDV fanno il 48,8%, ma occorre vedere quanto sarà eroso questo valore dalle liste che sono rimaste fuori dall'Unione di Delbono, in particolare da quella del Professor Pasquino, non presente alle europee.


Risultati elezioni europee 2009

Risultati elezioni europee 2009
Scrutinio candidati: 63816 sezioni su 64328
Percentuale votanti: 65.04% (a chiusura delle operazioni) 8154 enti su 8154


Lista Voti % Seggi

IL POPOLO DELLA LIBERTA' 10.797.762 35,26 -

PARTITO DEMOCRATICO 8.002.376 26,13 -

LEGA NORD 3.126.313 10,2 -

DI PIETRO ITALIA DEI VALORI 2.449.348 7,99 -

UNIONE DI CENTRO 1.994.904 6,51 -

RIFOND.COM. - SIN.EUROPEA - COM.ITALIANI 1.037.152 3,38 -

SINISTRA E LIBERTA' 956.931 3,12 -

LISTA MARCO PANNELLA - EMMA BONINO 742.681 2,42 -

LA DESTRA-MPA- PENSIONATI -ALL.DI CENTRO 681.375 2,22 -

FIAMMA TRICOLORE 244.430 0,79 -

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI 166.258 0,54 -

FORZA NUOVA 146.499 0,47 -

SVP 143.027 0,46 -

LIBERAL DEMOCRATICI - MAIE 71.171 0,23 -

VALLEE D'AOSTE 32.896 0,1 -

AUTONOMIE LIBERTE' DEMOCRATIE 27.062 0,08 -


dati aggiornati alle: 11:15:33 del 08/05/2009
percentuale votanti aggiornata alle: 08:06:25 del 08/05/2009



RISULTATI PRECEDENTI CONSULTAZIONI - 12 GIUGNO 2004

Lista Voti % Seggi

UNITI NELL'ULIVO 10.105.836 31,07 24

FORZA ITALIA
6.806.245 20,93 16

ALLEANZA NAZIONALE 3.736.606 11,49 9

RIF.COM. 1.969.776 6,05 5

UDC 1.914.726 5,88 5

LEGA NORD 1.613.506 4,96 4

FED.DEI VERDI 803.356 2,47 2

COMUNISTI ITALIANI 787.613 2,42 2

LISTA EMMA BONINO 731.536 2,24 2

DIPIETRO OCCHETTO 695.179 2,13 2

SOCIALISTI UNITI 664.463 2,04 2

A.P. UDEUR 419.173 1,28 1

ALTERNATIVA SOCIALE 400.626 1,23 1

PART.PENS. 374.343 1,15 1

FIAMMA TRICOLORE 237.058 0,72 1

PRI I LIBERAL SGARBI 233.144 0,71 -

P.SEGNI SCOGNAMIGLIO 172.556 0,53 -

ALL.LOMB.AUT. 160.101 0,49 -

LISTA CONSUMATORI 160.066 0,49 -

AB.SCORP.VERDI VERDI 158.988 0,48 -

SVP 146.357 0,45 1

PAESE NUOVO 78.003 0,23 -

NO EURO 70.220 0,21 -

MOV.IDEA SOC. RAUTI 47.171 0,14 -

UV 29.598 0,09 -


 

Il punto di vista, magari irrilevante e sbagliato, di un cittadino qualunque, confidente nella libertà, detentore saltuario della sovranità, indotto a cederla, nell’occasione, a rappresentanti per niente fidati.

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